Schede e spari in Messico
Città del Messico – Prima dei voti, in Messico si contano i morti. Ieri, giornata di apertura dei seggi per le elezioni legislative, amministrative e presidenziali, una donna è stata freddata mentre andava a votare, poco dopo l’omicidio di tre militanti del Partito rivoluzionario istituzionale. Vittime che si sono aggiunte a quelle mietute nel corso della campagna elettorale. L’interesse maggiore del voto, anche il risultato apparentemente più scontato, era l’elezione del presidente della Repubblica. Tutti gli osservatori danno per certa la vittoria del leader del movimento di centro-sinistra Morena, Andrés Manuel López Obrador, al suo terzo tentativo di ottenere l’elezione. La vittoria del leader di Morena appare certa, ma la storia elettorale messicana è da sempre segnata da pesanti brogli. Secondo un’inchiesta commissionata dall’associazione ’Democracia sin pobreza’, il 33,5% dei messicani ha ammesso di aver ricevuto offerte in denaro o beni di consumo per orientare il suo voto, ed un 10,2% (14,4 milioni) avrebbe accettato. Anche altri due candidati presidenziali, Ricardo Anaya (leader di una coalizione destra-sinistra fra Partito azione nazionale e Partito della rivoluzione democratica) e José Antonio Meade, epigono del Partito rivoluzionario istituzionale (Pri), si sono detti sicuri di vincere. Ma gli analisti ritengono che l’esito del voto metterà fine al sistema dei partiti che da 90 anni dominano la scena politica. È anche per questo che i media hanno seguito soprattutto le mosse di López Obrador, chiamato dai militanti “Amlo” per l’acronimo del suo nome, che è stato fra i primi a votare nel suo seggio di Città del Messico. Più che di una elezione, e per sua scelta, si è trattato di un plebiscito su di lui.