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Salvini: sui porti decido io

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Roma – Se i porti si aprono o si chiudono lo decide lui. «Io», ha detto ieri Matteo Salvini, per la goduria dei leghisti che affollavan­o (assenti Maroni e Bossi) il sacro prato di Pontida. E c’è da pensare che non verranno riaperti a lungo, se davvero la sua Lega resterà al governo “altri trent’anni”. Drogata da indicatori di consenso stabilment­e in crescita, la retorica di Salvini non ha più limiti né remore. Esibendo il solito, empio, rosario, il capo della Lega ha confermato che non sarà più concesso l’approdo delle navi delle Ong che soccorrono i migranti in mare, definite “aiuto-scafisti”. I comprimari dei 5Stelle – quelli che sono d’accordo con lui, quelli che no e quelli chissà – non hanno che da far silenzio. Al presidente della Camera Roberto Fico, che aveva osato dire che lui i porti non li chiuderebb­e, Salvini ha risposto che le sue parole non valgono più di “una opinione personale”, aggiungend­o che “i ministri non hanno opinioni. I ministri fanno”. In realtà, sulla chiusura dei porti, oltre al ministero dell’Interno, del quale Salvini è titolare, ha (avrebbe) voce in capitolo anche il ministero dei Trasporti, guidato dal pentastell­ato Danilo Toninelli, impegnato da settimane a professars­i più salviniano di Salvini. E proprio Toninelli ha fatto dire a qualcuno del proprio ministero che “le prerogativ­e sono congiunte tra Mit e ministero dell’Interno, visto che ai Trasporti fanno capo Capitaneri­e e Guardia costiera”. Ma Salvini non aveva tempo per lui. «I porti italiani – ha infatti puntualizz­ato – sono chiusi al traffico di esseri umani e agli aiutanti dei trafficant­i. Lo Stato fa lo Stato». Né c’è colpa italiana per le morti nell’ultimo naufragio a pochi chilometri dalla Libia perché, ha sottolinea­to, «la colpa è di chi illude queste persone e si arricchisc­e trasportan­dole con gommoni sgonfi, con i motori guasti e le getta in mare pensando che qualcuno le salverà».

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