Parco, ‘non furono le paure’
Una delle figure chiave del dibattito, fronte oppositori, si sofferma sulle ragioni che hanno convinto l’elettorato a votare di no
Si farà in sua assenza. Nella convinzione della maggioranza di chi si è recato alle urne che la natura è già “al suo interno” e che non servono disposizioni di legge calate dall’alto per preservarla. Parliamo del Parco nazionale del Locarnese (Pnl), “affossato” lo scorso 10 giugno. A qualche settimana di distanza sono quasi del tutto sparite da terrazze e finestre bandiere dei pro e dei contro questo tanto discusso progetto, così come buona parte dei manifesti affissi ai bordi delle strade degli 8 Comuni interessati. Tra coloro che si sono opposti in maniera ferma alla creazione di questa riserva ambientale figura il dottor Sandro Rusconi, già professore universitario di biochimica a Friburgo, ex capodivisione della Cultura e degli studi universitari del Cantone. Un persona ai più sconosciuta sino a qualche mese fa, capace di guidare il fronte dei “no” alla vittoria. Abbiamo voluto analizzare con lui, a bocce ferme, l’esito della votazione.
Innanzitutto ci spieghi qual è il suo rapporto col territorio del ‘mancato’ Parco nazionale del Locarnese.
Sono nato e cresciuto sulla montagna sovrastante Locarno. I miei genitori erano entrambi locarnesi. Mi sono diplomato alla Magistrale, ho insegnato per due anni a Locarno dove ho mantenuto il domicilio fino all’età di 30 anni. Poi la carriera accademica mi ha portato altrove, ma ho ancora affetti e famiglia nel Locarnese. Avendo spesso accompagnato mio padre a caccia ed essendo stato un assiduo pescatore di torrente, conosco ogni anfratto delle valli principali e laterali. Nella campagna non sono mancati coloro che hanno cercato di screditarmi dandomi dell’estraneo, senza conoscere le mie vere origini.
Cosa l’ha spinta a entrare a far parte del gruppo di opposizione, del quale è diventato la figura trainante?
Il mio spirito schiettamente rurale, unitamente alla mia formazione scientifica mi hanno indotto a essere contrario già al progetto Parc Adula. Ho però rinunciato a prendere posizione pubblicamente per dovere di lealtà con il mio datore di lavoro (il Cantone). Dopo il pensionamento (aprile 2017) mi sono interessato all’attività di questo comitato contro il progetto Pnl. Ho aderito all'associazione nel settembre 2017. Non mi considero una figura “trainante” poiché l’energia e l’intelligenza degli altri membri del ristretto comitato sono state davvero immense e ho imparato più io da loro che non il contrario. Avevo dalla mia parte una certa abitudine a dibattere in pubblico, maturata durante la mia carriera accademica.
Qual è stata la ‘ricetta’ che ha permesso di spuntarla in votazione? L’aver fatto leva su paure e restrizioni è stata la mossa decisiva?
Chiariamo subito una cosa: non abbia-
mo fatto leva su paure e restrizioni, bensì sulle incongruenze del progetto, che faceva acqua da tutte le parti. A una prima lettura ne avevo identificate una quindicina. Ne abbiamo utilizzante meno di un terzo! La colpa della sconfitta
è dei progettisti che, dall’alto di una certa supponenza, erano assolutamente impreparati ad affrontare argomentazioni solide e oggettive. Quelle che venivano inizialmente etichettate come assurde illazioni si sono dimostrate tutte vere e questo è stato ammesso a denti stretti nei dibattiti. La nostra ricetta è stata: sottoporre sempre i nostri testi alla mutua lettura critica e garantire che tutte le affermazioni fossero sostenibili con documentazione oggettiva.