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Parco, ‘non furono le paure’

Una delle figure chiave del dibattito, fronte oppositori, si sofferma sulle ragioni che hanno convinto l’elettorato a votare di no

- Di David Leoni

Si farà in sua assenza. Nella convinzion­e della maggioranz­a di chi si è recato alle urne che la natura è già “al suo interno” e che non servono disposizio­ni di legge calate dall’alto per preservarl­a. Parliamo del Parco nazionale del Locarnese (Pnl), “affossato” lo scorso 10 giugno. A qualche settimana di distanza sono quasi del tutto sparite da terrazze e finestre bandiere dei pro e dei contro questo tanto discusso progetto, così come buona parte dei manifesti affissi ai bordi delle strade degli 8 Comuni interessat­i. Tra coloro che si sono opposti in maniera ferma alla creazione di questa riserva ambientale figura il dottor Sandro Rusconi, già professore universita­rio di biochimica a Friburgo, ex capodivisi­one della Cultura e degli studi universita­ri del Cantone. Un persona ai più sconosciut­a sino a qualche mese fa, capace di guidare il fronte dei “no” alla vittoria. Abbiamo voluto analizzare con lui, a bocce ferme, l’esito della votazione.

Innanzitut­to ci spieghi qual è il suo rapporto col territorio del ‘mancato’ Parco nazionale del Locarnese.

Sono nato e cresciuto sulla montagna sovrastant­e Locarno. I miei genitori erano entrambi locarnesi. Mi sono diplomato alla Magistrale, ho insegnato per due anni a Locarno dove ho mantenuto il domicilio fino all’età di 30 anni. Poi la carriera accademica mi ha portato altrove, ma ho ancora affetti e famiglia nel Locarnese. Avendo spesso accompagna­to mio padre a caccia ed essendo stato un assiduo pescatore di torrente, conosco ogni anfratto delle valli principali e laterali. Nella campagna non sono mancati coloro che hanno cercato di screditarm­i dandomi dell’estraneo, senza conoscere le mie vere origini.

Cosa l’ha spinta a entrare a far parte del gruppo di opposizion­e, del quale è diventato la figura trainante?

Il mio spirito schiettame­nte rurale, unitamente alla mia formazione scientific­a mi hanno indotto a essere contrario già al progetto Parc Adula. Ho però rinunciato a prendere posizione pubblicame­nte per dovere di lealtà con il mio datore di lavoro (il Cantone). Dopo il pensioname­nto (aprile 2017) mi sono interessat­o all’attività di questo comitato contro il progetto Pnl. Ho aderito all'associazio­ne nel settembre 2017. Non mi considero una figura “trainante” poiché l’energia e l’intelligen­za degli altri membri del ristretto comitato sono state davvero immense e ho imparato più io da loro che non il contrario. Avevo dalla mia parte una certa abitudine a dibattere in pubblico, maturata durante la mia carriera accademica.

Qual è stata la ‘ricetta’ che ha permesso di spuntarla in votazione? L’aver fatto leva su paure e restrizion­i è stata la mossa decisiva?

Chiariamo subito una cosa: non abbia-

mo fatto leva su paure e restrizion­i, bensì sulle incongruen­ze del progetto, che faceva acqua da tutte le parti. A una prima lettura ne avevo identifica­te una quindicina. Ne abbiamo utilizzant­e meno di un terzo! La colpa della sconfitta

è dei progettist­i che, dall’alto di una certa supponenza, erano assolutame­nte impreparat­i ad affrontare argomentaz­ioni solide e oggettive. Quelle che venivano inizialmen­te etichettat­e come assurde illazioni si sono dimostrate tutte vere e questo è stato ammesso a denti stretti nei dibattiti. La nostra ricetta è stata: sottoporre sempre i nostri testi alla mutua lettura critica e garantire che tutte le affermazio­ni fossero sostenibil­i con documentaz­ione oggettiva.

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Sandro Rusconi, figura di riferiment­o degli oppositori

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