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Cielo sereno, stelle tranquille, ma le tue figlie son come anguille

- Di Daniele Dell’Agnola, docente Supsi, Sme, autore

@Fausto_Giusto: “Puzzano i migranti, come i topolini”. @Alessandra_Minoranza: “Vergogna!” @Fausto_Giusto: “Brulicano, su per i tombini. Vengon dalla fogna”. @Alessandra_Minoranza: “Tu sei un razzista. Meriti la frusta”. @Fausto_Giusto: “La senti la puzza? Le docce e i profumi non son sui gommoni!” @Alessandra_Minoranza: “Tu, provocator­e! Vuoi un putiferio!?” @Fausto_Giusto: “Vorrei un pifferaio che incanti i topi, e pulisca il letamaio.” @Alessandra_Minoranza: “Pazzo! Non ha senso.” @Fausto_Giusto: “Ah ah ah! Merita un compenso, il pifferaio. Che porti via i bambini da mamma e da papà, se sono clandestin­i.” @Alessandra_Minoranza: “Idiota!” @Fausto_Giusto: “No, no. Io sono un poeta, prendo le parole, parlo in libertà, e il popolo urla adesso, che avrò un gran successo.” Mia madre si allarma spesso, perché dice che porto in classe storie divergenti, autori scomodi e mondi capovolti. Nel mio lavoro ho a che fare anche con la letteratur­a. E la letteratur­a allarma mia madre. Leggendo il dialogo s’è messa in testa che avessi intenzione di attualizza­re la fiaba di Hamelin (nella quale il pifferaio allontana i topi e la peste dalla città, prima di rapire anche i bambini) magari con qualche banale riferiment­o a Trump. Non conoscendo i processi che stanno a monte di una creazione teatrale, mamma s’è convinta che, con le studentess­e e gli studenti della Supsi, avessimo intenzione di costruire uno spettacolo provocator­io. Invece la dimensione teatrale ci ha assorbiti per dodici giorni intensi, e loro, i giovani, hanno stravolto la fiaba del pifferaio con altre intenzioni, nutrendo la storia di ben altre profondità. Cautela, sussurra severa la mamma, quando la saluto, la domenica sera, dopo la consueta cena in famiglia, prima che me ne torni a casa con i miei figli in groppa, desiderosi di ascoltare nuove storie, prima della nanna. Non mostro mai a mamma i nuovi libri acquistati. L’ultimo: “Lo Yark” di Bertrand Santini (Officina Libraria), la storia di un mostro peloso che mangia solo bambini buoni e gentili (ma poi divorerà quelli selvaggi). E non dico a mamma che sulla mia scrivania c’è Billy Elliot nella versione romanzata da Melvin Burgess (Rizzoli), zeppa di annotazion­i in vista di un percorso di letture e riflession­i che porterò alle medie. “Orban ti farebbe licenziare, perché in Ungheria dicono che Billy Elliot fa diventare omosessual­i. Sono la tua mamma e mi preoccupo”. Allora cerco di calmarla. E le racconto una bella storia: qualche settimana fa una ragazza di dodici anni mi ha consegnato una poesia scritta sfruttando, come trampolino di lancio una “Rimetta d’amore furioso” di Bruno Tognolini tratta da Rime di rabbia (Salani): “Mare in burrasca, terra in tempesta / se non mi ami, ti spacco la testa.” Gli allievi hanno accolto la sfida, dopo l’analisi, di inventare una “rimetta d’amore per mamma” rimpolpand­o l’ossatura proposta nel modello. Ecco due esempi: “Luna di notte, sole di giorno / mamma sei bella ogni secondo”. “Cielo sereno, stelle tranquille / ma le tue figlie son come anguille”. In quest’ultimo caso l’alunna ha recuperato nelle parole una relazione che si gioca tra un bisogno di serenità, protezione e una ricerca d’indipenden­za da parte delle figlie. E allora ho deciso che avrei concluso l’anno scolastico leggendo il libretto “La parrucca di Mozart” di Lorenzo Jovanotti (Feltrinell­i). Ottonari, musicalità, ribellioni e libertà. “E della ‘Scuola che verrà’ cosa pensi?” mi chiede mamma, calmatasi all’ascolto dei versi scritti dalle due allieve. “Non ho risposte. Ma le sto cercando nella poesia, nel dubbio, nel teatro, nella musica, nelle storie, nel tempo che abbiamo e nella bellezza di cui tutti gli allievi hanno bisogno, come opportunit­à di partenza. Per vivere meglio domani. Va bene così, ma’?”. Lo scrivo adesso, anche se, lo so, forse non avrò un grande successo.

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