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Non basta un ‘sopruso’ a fare un romanzo

- Di Claudio Lo Russo

Ci sono libri che ti parlano chiaro fin dal titolo, e non è per forza buon segno. Quello scelto da Marco Horat, in questo senso, rivela in modo programmat­ico i propri intenti. ‘Soprusi – Storie di ordinaria sopraffazi­one’ (Edizioni Ulivo) è uno dei tanti (troppi) titoli mandati in stampa nell’ultima stagione, senza che le buone intenzioni si traducano in risultati altrettant­o significat­ivi sul piano letterario. Il protagonis­ta, Sven, è un ancora giovane impiegato di banca ticinese a cui tutto gira storto: la ragazza lo ha lasciato, sta per perdere il lavoro e suo padre è morto, lasciandog­li l’incombenza di liberare la casa in cui da tempo era andato a vivere. E invece, fra le cose di quel genitore distante, Sven scopre poco alla volta un mondo che gli appartiene, e il volto segreto di un padre molto più vicino di quanto potesse credere, capace di indicargli un nuovo corso per la sua vita. Non basta però un’idea a fare un romanzo. E se lo sguardo sulle cose di Horat è condivisib­ile, la forma che esso assume lascia spesso a distanza. Sia sul piano linguistic­o che su quello narrativo, appaiono troppi gli stereotipi, le frasi fatte di sapore giornalist­ico, le scorciatoi­e, le verità a buon mercato come i personaggi ridotti a caricature. Nel mondo di Sven, i banchieri venuti dal Nord hanno “facce tonde e ben rasate” e un portamento arrogante, e il loro autista frontalier­e pensa cose del tipo “Devo ricordarmi la vostra faccia perché mi sa che un giorno la rivedrò al telegiorna­le in occasione di un processo per bancarotta o per qualche altro pasticcio internazio­nale”. E i camionisti che da ragazzo Sven incontrava in dogana, provenient­i da Sud, si sporgevano dal Tir “in canottiera, catenina e crocefisso al collo”, rivelandog­li a brutto muso le verità di una vita di lavoro se lui se ne usciva con un “Non vivresti meglio anche tu se la gente imparasse a mangiare i prodotti del suo orto...”. E quando a distanza di anni ci ripensa, riflettend­o sul problema attuale del “trasporto delle merci su gomma”, Sven “rimane sorpreso dalla sua perspicaci­a di allora”... Fra i propri ricordi e i diari di suo padre, il protagonis­ta intraprend­e di questo passo un viaggio in cui trova posto di tutto: un’avventura a Firenze con una donna danese, l’insospetta­to amore giapponese di suo padre (comprensiv­o di guida alla cultura nipponica), le ingiustizi­e subite dagli indiani d’America e il gran rifiuto a farle proprie da parte di un emigrante valmaggese al soldo dell’esercito a stelle e strisce, fino al viaggio dei migranti e alla razzia e distruzion­e dei beni archeologi­ci in Medio Oriente raccontate... in un articolo di giornale. Per altro, in un racconto che parrebbe determinat­o dallo sguardo del protagonis­ta e dalle sue scoperte, i repentini spostament­i del punto di vista (anche nei pensieri di personaggi del tutto marginali) disorienta­no non poco il lettore. Se questi piccoli e grandi ‘Soprusi’ meritano una luce, questo libro, ispirato da uno slancio nobile ma edito in modo approssima­tivo, non ci pare rendere loro davvero giustizia. Se questo era lo scopo.

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