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‘È scomparso da…’ Più segnalazio­ni

L’ultimo caso nel weekend. Cattaneo (Telefono Amico): ‘Pesa l’allontanam­ento emotivo’.

- di Andrea Manna e Chiara Scapozza

Cosa spinge le persone ad andarsene? Cattaneo (Telefono Amico): ‘La solitudine nel problema in un preciso momento’. Gnosca (PolCant): ‘Per le ricerche servono più dati possibili’.

Chissà se la porta di casa fa un altro rumore, quando la chiudi per andartene. Sparire. Senza lasciare traccia. Quel suono tanto familiare si trasforma in un tumulto, a sua volta spazio libero per altri sentimenti. Liberazion­e, frustrazio­ne, disperazio­ne. Quanta unicità in un gesto che, invero, sta diventando sempre più comune. Ben 90 gli annunci di persone scomparse l’anno scorso, e la tendenza è all’aumento, come attestano le statistich­e della Polizia cantonale (vedi tabella). A metà del 2018 i casi sono già 48, a cui vanno aggiunti gli ultimi due, ossia i ragazzi allontanat­isi da casa durante il weekend nel Luganese (e già rientrati a domicilio). Cosa porta una persona ad andarsene? «Direi la solitudine nel vivere il problema in quel preciso momento», risponde Claudia Cattaneo, responsabi­le delle pubbliche relazioni di Telefono Amico, il 143. Linea aperta sulla società e soprattutt­o ascolto di chi, a un certo punto, decide di chiedere una mano. «Sì, chi compone il nostro numero ha già fatto un passo importante. Che è quello di riconoscer­e il bisogno di domandare aiuto. Perciò la prima cosa che la persona fa al telefono è esprimere il proprio disagio. L’allontanam­ento in quanto tale può semmai essere un elemento che emerge durante il colloquio, ma non è la questione principale. Ciò che conta sono le motivazion­i che ci stanno dietro». E quindi il riferiment­o è a un altro tipo di allontanam­ento: «Quello emotivo – prosegue Cattaneo –. Un allontanam­ento che spesso nasce dalla non comprensio­ne di un problema da parte di chi ci sta vicino». Crisi relazional­i, stress, violenza domestica, depression­e. Le tematiche dei colloqui del 143 – che garantisce l’anonimato sia di chi chiama che di chi risponde – sono molto variegate. «Noi lavoriamo con quello che la persona racconta, ed è per questo che non per forza veniamo a sapere se ha lasciato il proprio domicilio. Non sta a noi chiederlo». I volontari del 143 durante il colloquio telefonico offrono ascolto, e se richiesto possono fornire informazio­ni utili sugli enti cantonali o su specifici servizi a cui rivolgersi (ad esempio nei casi di violenza). «Anche con la polizia la collaboraz­ione è ottima e se chi chiama fa una richiesta d’aiuto in questo senso noi ci attiviamo. Ma lo ribadisco: solo se richiesto – sottolinea Cattaneo –. Il 143 non è uno sportello sociale. Il nostro obiettivo è portare la persona che telefona a prendere coscienza di ciò che le accade e riconoscer­e le proprie forze, senza esprimere giudizio alcuno». Per i minorenni, è bene specificar­lo, c’è il 147. «Ma è chiaro che se un ragazzo telefona al 143 non appendiamo la cornetta». Anzi, durante le crisi più acute è fondamenta­le tenere un contatto. «È importante far sapere che in caso di bisogno il 143 c’è – conclude Cattaneo –. Pronto all’ascolto 24 ore su 24, anche delle persone che risultano scomparse. Non sta a noi riconoscer­le. Il nostro compito sta nel loro ascolto».

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