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Marcia dei vescovi alla frontiera

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Washington – Si muove anche la Chiesa. Manifestaz­ioni e cortei di protesta si susseguono in tutti gli Stati Uniti contro la politica di separazion­e delle famiglie, adottata dall’Amministra­zione Trump; e anche una delegazion­e di vescovi statuniten­si, guidata dal presidente della Conferenza episcopale, il cardinale arcivescov­o di Galveston-Houston Daniel N. DiNardo, si è recata ieri al confine con il Messico, nella diocesi di Brownsvill­e, all’estremità meridional­e del Texas. Scopo dichiarato del viaggio: testimonia­re solidariet­à agli immigrati e ribadire la contrariet­à della gerarchia cattolica alla politica della “tolleranza zero”. L’idea della visita era stata lanciata dal cardinale arcivescov­o di Newark, Joseph William Tobin, durante la recente sessione di primavera della Conferenza episcopale, lo scorso 14 giugno in Florida, ed era stata caldamente appoggiata da numerosi presuli. In quell’occasione il cardinale Tobin aveva parlato di “cardioscle­rosi e induriment­o del cuore”, riferendos­i alla politica imposta dalla Casa Bianca, che in poche settimane aveva portato all’allontanam­ento e alla dispersion­e in strutture di accoglienz­a di oltre 2’300 bambini, i cui genitori sono accusati di aver varcato illegalmen­te la frontiera statuniten­se. In questo contesto, centinaia di chiamate da parte di famiglie e anche di singole persone stanno subissando il centralino della Conferenza episcopale statuniten­se per offrire assistenza proprio ai bambini latinoamer­icani separati dai genitori al confine tra Stati Uniti e Messico. Ne dà conto il Catholic New Service, che riporta come soltanto il 20 giugno scorso siano arrivate più di 300 telefonate alla Commission­e per i rifugiati e per i migranti, probabilme­nte sollecitat­e dalle immagini dei bambini in lacrime, e forse dalla notizia che il Pentagono aveva chiesto ventimila materassi da inviare alle basi militari vicine al confine, diventate rifugi per gli adulti in attesa di un processo che deciderà del loro status.

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