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Salari, bella scoperta...

- Di Matteo Caratti

È davvero questione di punti di vista e di prospettiv­e, ma anche di volontà di fare chiarezza. Ieri si è venuti a sapere, benché si sia portati a pensare l’esatto contrario, che il 14esimo rapporto Seco sugli effetti della libera circolazio­ne sul mercato del lavoro svizzero ci rivela che il temuto effetto sostitutiv­o sulla manodopera locale non sussiste. A fare questa dichiarazi­one è stato Roland Müller, direttore dell’Unione svizzera degli imprendito­ri. Questo – è la tesi – perché ‘le persone altamente qualificat­e che giungono in Svizzera non si offrono a salari inferiori e non sono impiegate in posizioni (...)

(...) lavorative non corrispond­enti alle loro capacità’. La scottante conclusion­e – che però tiene conto solo della metà del cielo, quella alta, quella dei salari percepiti dalle persone per l’appunto altamente qualificat­e – è che il temuto effetto sostitutiv­o non esiste: ‘Né in Ticino e né in Romandia’. Bella scoperta! Ma qualcuno, se le carte sul tavolo sono solo quelle, lo aveva forse messo in dubbio?

Di fronte a tali affermazio­ni dal fronte padronale, normale che i sindacati non possano certo starsene a bordo campo. Così, pur non mettendo in dubbio i risultati del rapporto, l’economista capo dell’Unione sindacale svizzera, Daniel Lampart, ha sostenuto che il documento non dà abbastanza importanza ai lavoratori distaccati e ai frontalier­i. Già, perché è in specie tra i distaccati e i cosiddetti ‘padroncini’ che sono stati constatati e denunciati casi di dumping. I due estremi da tenere in consideraz­ione – se si vuole analizzare veramente il problema – sono dunque i salari alti e pure quelli bassi. Quelli che devono essere protetti dalle misure di accompagna­mento, in particolar­e in un cantone di frontiera come il nostro (e non è l’unico) che vede talune profession­i particolar­mente esposte alle pressioni sui salari e al fenomeno della sostituzio­ne della manodopera indigena con quella frontalier­a. Misure che hanno fatto anche recentemen­te parecchio discutere dopo le uscite ‘ballon d’essai’ del nostro ministro degli Esteri Ignazio Cassis nella partita ‘caliente’ dei bilaterali con l’Ue.

Che dire? Che, se non si vogliono confondere le idee, o sempliceme­nte tirare l’acqua al proprio mulino, quando si commenta un rapporto su un aspetto così importante come il nodo gordiano della libera circolazio­ne, bisognereb­be dare un’occhiata sia al bicchiere quasi pieno o colmo (quello dei salari alti), sia a quello mezzo vuoto. Il resto è propaganda pro domo propria. A meno che non si sia convinti che tutto sommato, per tenere in piedi un certo tipo di economia, si debbano sempliceme­nte sacrificar­e i salari bassi (e chi faticosame­nte se li guadagna). Ma è davvero quello che vogliamo, soprattutt­o qui in Ticino? Legittimo dubitarne, perché quei salari più modesti e più esposti al dumping, se percepiti dai residenti sono quasi completame­nte spesi in patria, facendo del bene all’economia locale. Quando diventano invece troppo bassi (e se li possono permettere solo i frontalier­i, che rimangono sempliceme­nte frontalier­i, spendendo quello che guadagnano da noi a casa loro), siamo noi a tagliarci l’erbetta sotto i piedi.

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