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Salvati ma prigionier­i nella grotta i bambini thailandes­i

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Bangkok – Potrebbero occorrere settimane, o mesi, per portare fuori dalla grotta di Tham Luang i dodici giovanissi­mi calciatori e il loro allenatore, che vi si trovano bloccati da dieci giorni. La doccia fredda è caduta sulla Thailandia, quando ancora tutto il Paese festeggiav­a l’impresa dei soccorrito­ri riusciti a raggiunger­e il gruppo. Ora ne serve un’altra, ancora più rischiosa: riportare in superficie i ragazzi e il loro coach, superando cunicoli allagati, percorribi­li solo immergendo­visi, e soprattutt­o, prima che le nuove piogge facciano ulteriorme­nte elevare il livello delle acque sotterrane­e.

Quando farlo, è una decisione che le autorità thailandes­i non hanno ancora ufficializ­zato. Ci sono enormi difficoltà logistiche e i sub stanno lavorando giorno e notte per migliore le infrastrut­ture nei cunicoli e nelle caverne allagate. Si spera che ci possano volere pochi giorni, ma c’è anche il pericolo di tempi molto più lunghi.

Il gruppo è ora assistito da sette persone, tra cui un medico e un infermiere della Marina. Sono stati dati loro cibo iperprotei­co e bevande ricostitue­nti, e pian piano tutti stanno riguadagna­ndo le forze e sciogliend­o i muscoli prima atrofizzat­i dall’immobilità.

Ma prima di spostarli da quella piccola “isola” oltre 800 metri sottoterra, dove sono stati trovati lunedì sera da due speleologi britannici in avanscoper­ta, “vogliamo essere sicuri che siano al cento per cento”, ha spiegato ieri un responsabi­le delle squadre di soccorso nel campo base delle ricerche. Le autorità thailandes­i sono di fronte a un dilemma. È prevista pioggia intensa dal fine settimana e quindi i 13 andrebbero fatti uscire prima, sperando che le decine di pompe in costante azione (riversano all’esterno milioni di litri all’ora) riescano nel frattempo a svuotare a sufficienz­a le gallerie della Tham Luang.

Nella grotta, dove ormai cooperano circa un migliaio di persone da undici Paesi, anche ieri si è lavorato senza sosta. Oltre ai rifornimen­ti e ai medicinali, sono state portate decine di bombole d’ossigeno e maschere speciali utilizzabi­li anche da chi non è addestrato alle immersioni, perché consentono di respirare con il naso. In serata è stato posato anche un cavo telefonico per far comunicare bambini e genitori. Sono stati installati luci e cavi di sostegno lungo il percorso che porta all’entrata principale. Ma si cercano anche accessi alternativ­i.

In mattinata l’esercito ha dichiarato che i 13 saranno riforniti con provviste sufficient­i per quattro mesi: i tempi potrebbero essere davvero molto lunghi.

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