Scuola che verrà: sperimentazione già fallita
Il 23 settembre i ticinesi voteranno sulla sperimentazione. La sperimentazione della scuola che verrà è già fallita negli anni 80 in Francia. I francesi non hanno solo sperimentato ma, purtroppo per loro, hanno già applicato il modello della scuola che verrà per un paio di generazioni. Già nel maggio 2017 avevo segnalato sulla stampa, senza che nessuno mi contraddicesse, il parallelismo dei modelli e il risultato della legislazione francese, definito “catastrofe pedagogica” dall’attuale ministro dell’educazione nazionale. Non solo da lui, ma fatto più stupefacente, dagli stessi guru della pedagogia che l’avevano ideologicamente ispirato e legislativamente predisposto sotto il ministero Jospin. Professori universitari all’epoca ai vertici dell’amministrazione educativa nazionale.
Infatti la giornalista Carole Barjon ha intervistato a posteriori alcuni di questi professori legislatori, per redigere il saggio intitolato “Mais qui sont les assassins de l’école”. Questi mostri sacri riconoscono, nel 2016, il fallimento delle politiche educative da loro promosse negli anni ottanta, applicate da ministri di sinistra e anche di destra. Leggendo il progetto della scuola che verrà si trovano infatti i presupposti ideologici della legislazione francese.
La stessa enfasi sui metodi dell’insegnamento, piuttosto che sui contenuti, il concetto dell’inclusività portato ai massimi livelli, la concezione del docente come una specie di allenatore che mette sul tavolo “delle situazioni problemi, affinché l’allievo operi da solo”.
Stefano Franscini, inaugurando il primo corso per docenti dello Stato, espresse al contrario questo concetto: “I maestri apprendano prima ciò che devono insegnare poi vedano come ai ragazzi si insegni”. Lo spirito di questa riforma è esattamente il contrario.
Le modifiche introdotte dopo la consultazione sono di natura prevalentemente organizzativa, lo sfondo della riforma equalitaristico è rimasto inalterato. L’opposizione alla scuola che verrà non ha nulla a che vedere con il dibattito sulla scuola pubblica e quella privata, come strumentalmente preteso dal presidente socialista Righini al recente comitato del suo partito. Chi scrive ha sempre frequentato scuole pubbliche, diversamente da alcuni sostenitori della scuola che verrà. Come avvenuto in Francia, qualora la riforma della scuola che verrà fosse applicata produrrà un abbassamento del livello qualitativo della scuola dell’obbligo.
La nostra scuola è già altamente inclusiva: il 44% degli allievi che finisce la quarta media accede alle scuole medio-superiori, il 30% al liceo (percentuale più alta della Svizzera).
Il Consigliere di Stato Bertoli ha messo in evidenza, pochi giorni fa, che l’introduzione della civica comporterà un costo annuo di 0,5 milioni di franchi. Spendere 4,7 milioni per sperimentare la scuola che verrà è inutile, perché è inutile sperimentare un modello che è già fallito quando è stato applicato.