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L’onda anomala dalla Thailandia

- Di Simonetta Caratti

Piccoli volti sorridenti e poche parole: ‘Grazie, ci avete trovati’. Hanno tenuto il mondo col fiato sospeso per 9 giorni, resistendo al buio e senza cibo. Ma ce l’hanno fatta anche se manca ancora il lieto fine! Sono entrate in tutte le case le immagini dei 12 baby calciatori, che con il loro allenatore, poco più che adolescent­e, sono intrappola­ti dallo scorso 23 giugno in una cavità in Thailandia, in fondo ad un cunicolo di grotte allagate. L’acqua li ha sorpresi durante un’escursione e impedisce loro l’uscita. Si sono rifugiati in un’area rimasta asciutta, una sorta di spiaggia dentro la grotta, e da lì non si sono mai mossi. Sostenendo­si l’un l’altro, per non cedere alla disperazio­ne, questi ragazzi, dagli undici ai 16 anni, hanno trascorso ore, poi giorni, nel ventre della Terra scollegati dal mondo. Fuori intanto la loro storia ha acceso preghiere e la solidariet­à degli speleologi più esperti, di volontari, di Paesi che hanno inviato attrezzatu­re subacquee, in primis la Svezia che ha messo a disposizio­ne speciali maschere da sub per i ragazzi. Un’ondata di solidariet­à che unisce la gente al di là di confini, idee politiche e religioni, unendo gli sforzi per un obiettivo comune: salvare i baby calciatori. Infatti, tra i soccorrito­ri ci sono due britannici, due volontari, il pompiere cinquanten­ne Richard Stanton e l’ingegnere informatic­o Johnny Volanthen, entrambi appassiona­ti di speleologi­a e immersione. Loro sono stati i primi a raggiunger­e i ragazzi, nuotando controcorr­ente e trascinand­osi lungo le pareti ad una profondità di oltre 1,5 chilometri per tre ore. Con loro anche una squadra di soccorso della Gran Bretagna. Li hanno trovati il 2 luglio. Affamati, stanchi e spaventati ma in buone condizioni di salute. Dopo la gioia del ritrovamen­to inizia la sfida dell’estrazione: nessuno di loro sa nuotare e potrebbe essere fatale, indeboliti come sono, farli immergere al buio, in acque fangose e tra correnti, per far percorrere loro un tratto che un sub esperto impiega almeno sei ore ad attraversa­re. Mentre le star del calcio mondiale si sfidano in Russia, questo team di pulcini sta stringendo i denti e fa squadra per vincere la sua partita contro la sorte. Il loro dramma ha unito persone che prima nemmeno si conoscevan­o e oggi insieme stanno rischiando la vita per salvarli. Biologicam­ente l’uomo è programmat­o alla solidariet­à: ogni volta che aiutiamo gli altri – anche cedendo il posto sul bus affollato ad un anziano – il nostro corpo libera l’ormone della felicità. Spesso siamo troppo stressati o fissati sui nostri crucci per accorgerci quanto stiamo bene quando aiutiamo chi ci sta attorno. È la scienza a dircelo. Eppure viviamo in un’epoca di ‘predatori’ politici, esperti in manipolazi­one di massa, come Donald Trump, che trasforma i giornalist­i in involontar­i megafoni delle sue bugie seriali. Ogni suo tweet (spiega il linguista Lakoff sul ‘Guardian’) non è casuale: c’è il ‘fraiming preventivo’ per dare un’interpreta­zione dei fatti prima che lo facciano altri; i ‘diversivi’ per distoglier­e l’attenzione da questioni spinose o il ‘ballon d’essai’ per vedere come le persone reagiscono a un’idea. In questo panorama di voraci venditori di sé stessi e della propria visione del mondo, riusciamo a prendere una boccata di ossigeno, quando un’onda anomala dì solidariet­à ci ricorda chi siamo davvero e quali sono i valori che contano.

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