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Salario sudato

Cresce il lavoro gratuito (non scelto ma imposto) per l’economista Marazzi che sta facendo alla Supsi una ricerca sul tema: ‘Occorre stracciare il velo di ignoranza e rendere attenti i giovani’. I rischi: ‘Chi non è riconosciu­to matura rancore, tutta la s

- Di Simonetta Caratti

Lavoro gratuito alla lente della Supsi, un fenomeno dai molti volti. C’è il neolaureat­o che passa di stage in stage con l’illusione di un posto che stenta ad arrivare. Pur di fare curriculum c’è chi accetta contributi simbolici conditi da illusioni. C’è il part-time, sempre più mini, ma con disponibil­ità ad esserci sempre. Di fatto liberi ma sempre disponibil­i. C’è l’economia dei lavoretti in rete dove la precarietà la fa da regina in un universo digitale nel quale tutti siamo inconsapev­oli produttori di ricchezza, non retribuiti. Si fiuta un sottobosco, ma di certezze non ce ne sono. Il Ticino è il Cantone con la percentual­e più alta di datori di lavoro svizzeri controllat­i per conto della Commission­e tripartita, sul totale di aziende attive. (Nel 2017, il 29,7% delle aziende era controllat­o, su un universo di 11’917 aziende attive in Ticino nei setto- ri privi di contratto collettivo di lavoro). Le verifiche delle autorità ci sono. Nel 2017, l’Ispettorat­o del lavoro ha rilevato una trentina di situazioni problemati­che dal punto di vista degli stage che non erano regolari. È solo la punta dell’iceberg? Come misurare il lavoro gratuito? Risponde il prof. Christian Marazzi economista, saggista, impegnato alla Supsi nella ricerca ‘Free Work’ tra lavoro libero e lavoro gratuito.

Il lavoro remunerato è davvero in crisi?

L’evoluzione del mondo del lavoro negli ultimi 20 anni, tra globalizza­zione e diffusione crescente delle nuove tecnologie, ha portato ad una riduzione progressiv­a del lavoro salariato a tempo indetermin­ato, che è stato il pilastro su cui è stato costruito lo Stato sociale. Parallelam­ente si assiste a una crescita di attività economicam­ente produttive ma scarsament­e o per nulla remunerate. Dentro queste nuove coordinate l’occupazion­e si flessibili­zza.

Più flessibili­tà non è per forza un male o no?

Vediamo crescere la precarietà, perché aumenta il lavoro a tempo determinat­o, quello su chiamata e il lavoro neoindipen­dente di ‘free lance’, ex dipendenti diventati satelliti della loro impresa. Il part-time diventa sempre più breve e spesso vincolato alla disponibil­ità di esserci sempre. In questo ‘pluriverso’ si insinuano forme di lavoro gratuito coatto, non scelto ma imposto. È importante dargli visibilità pubblica, perché è possibile ci siano abusi.

Ci sono indicatori statistici sulla crescita del lavoro non remunerato?

I segnali ci sono. Ad esempio, dalla cassa cantonale di compensazi­one dell’Avs, emerge un sorprenden­te aumento di chi non ha attività lucrativa ma versa l’Avs. Chi sono? È un dato che va approfondi­to. Conferma che c’è un problema, ma non sappiamo se aneddotico o di rilevanza socio-economica.

Tante domande, poche risposte, da dove si inizia?

Occorre stracciare questo velo di ignoranza e normalità, prendere atto che stiamo vivendo un processo trasversal­e e pervasivo. C’è bisogno di dare voce a chi non l’ha. Molti vivono in una bolla di promesse e magari lo consideran­o normale. Occorre rendere attenti soprattutt­o i giovani di questi rischi, farlo nelle scuole.

Quale è il ruolo di sindacati, Cantone, politica ed economia?

I sindacati, bypassati da questo processo perché storicamen­te legati al lavoro dipendente, si stanno documentan­do. La tripartita è consapevol­e del problema e nella misura del possibile reagisce quando ci sono casi eclatanti. Gli imprendito­ri socialment­e responsabi­li hanno tutto l’interesse che questo fenomeno venga affrontato. Chi non è riconosciu­to matura rancore e tutta la società diventa rancorosa e opta per scelte politiche populiste. È un problema di società che mina la coesione alla base. Se non lo si affronta con onestà, avremo squilibri.

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TI-PRESS Neolaureat­i che passano di stage in stage con la promessa di un posto che stenta ad arrivare. I volti del lavoro gratuito

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