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Un’estate per le linee rosse

Misure d’accompagna­mento, il Consiglio federale coinvolge partner sociali e Cantoni Secondo il governo le misure anti-dumping non si toccano, ma se ne deve poter parlare. L’apparente contraddiz­ione spiegata da Cassis e Balzaretti.

- di Stefano Guerra

Sembra una contraddiz­ione: il Consiglio federale da un lato conferma che le misure di accompagna­mento alla libera circolazio­ne sono una linea rossa nelle trattative con l’Ue per un accordo quadro istituzion­ale; dall’altro si appresta a consultare partner sociali e Cantoni per capire se sul piano interno esista un margine di manovra politico per modificare l’attuale forma – indigesta alla Commission­e europea – dei meccanismi che in Svizzera proteggono i lavoratori dal dumping sociale e salariale. Nessuna contraddiz­ione, ha affermato ieri il ministro degli Esteri Ignazio Cassis, accompagna­to da Roberto Balzaretti, responsabi­le dei negoziati con Bruxelles. In una conferenza stampa a Berna, i due ticinesi hanno spiegato che la protezione dei salari «non è a disposizio­ne» e che sin qui «non abbiamo ceduto di un millimetro», né si intende farlo in futuro, sulla regola degli 8 giorni (aziende europee che vogliono lavorare in Svizzera devono annunciars­i almeno 8 giorni prima) o su altre misure anti-dumping. Il capo della diplomazia elvetica aveva dichiarato di recente di essere pronto a fare un passo verso l’Ue su questo punto. Le sue parole hanno suscitato sconcerto tra i partner sociali e in diversi Cantoni, specie di frontiera (Ticino compreso, cfr. articolo a lato). I sindacati, in particolar­e, temono che la Svizzera non potrà più decidere autonomame­nte in questo ambito se un domani la Corte di giustizia europea (Cgue) verrà chiamata a decidere in caso di controvers­ia. Non è un mistero per nessuno, ha detto Balzaretti, che l’Ue considera certe nostre misure sproporzio­nate, se non esagerate. Cassis ha spiegato che si tratta ora di discutere con le parti interessat­e in Svizzera su come sia possibile preservare la protezione dei nostri lavoratori con gli strumenti previsti dalla nuova direttiva Ue sui ‘distaccati’ (i lavoratori inviati in Svizzera a lavorare per 90 giorni al massimo). Con Bruxelles c’è accordo sui principi, ma sussistono divergenze in merito ai meccanismi di applicazio­ne, ha aggiunto Balzaretti. Il Consiglio federale è del parere che la direttiva Ue vada nella giusta direzione, poiché prevede un rafforzame­nto della protezione salariale. Rimane però una differenza rispetto alle disposizio­ni elvetiche. È appunto di questo «delta» che – fedele a uno dei suoi mantra («La politica estera è politica interna») – il ministro degli Esteri e i suoi colleghi di governo vogliono ora discutere con i partner sociali e i Cantoni, avviando una «fase di politica interna» nella politica europea durante la quale verranno condivise con questi ultimi le analisi al riguardo svolte in seno all’amministra­zione federale. Le discussion­i ‘estive’ saranno guidate dal Dipartimen­to dell’economia (responsabi­le dell’applicazio­ne delle misure collateral­i) e coinvolger­anno, oltre al Dipartimen­to federale degli affari esteri, anche il Dipartimen­to di giustizia e polizia.

Tribunale arbitrale quasi in porto

Si delinea per contro un consenso circa la soluzione delle vertenze mediante il ricorso a un tribunale arbitrale. «La soluzione è quella che volevamo», ha sottolinea­to Cassis. «La soluzione – gli ha fatto eco Balzaretti – è migliore di quella tra Ue e Ucraina»: anzitutto perché sarà il tribunale arbitrale misto a decidere autonomame­nte se rivolgersi alla Cgue in caso di controvers­ia riguardant­e il diritto europeo contenuto nei cinque accordi bilaterali ‘coperti’ dal futuro accordo quadro; in secondo luogo, perché le parti (Ue e Svizzera) non potranno direttamen­te chiamare in causa la Cgue. A fine agosto/inizio settembre il Consiglio federale farà nuovamente il punto sulle questioni aperte (anche su quella degli aiuti di Stato: a detta di Cassis anche qui sono stati fatti passi avanti). Il governo ribadisce la volontà di concludere in autunno, visto che «da novembre l’Ue sarà in modalità elettorale», come del resto la Svizzera dalla prossima primavera. Ma il rischio che vada tutto all’aria esiste: «Basta che non ci accordiamo su un punto e cade tutto: è una procedura tutto o niente», ha rilevato Cassis. Non siamo disposti – ha aggiunto – ad accettare qualsiasi accordo quadro, e la Svizzera certo sopravvive­rebbe anche senza: «Ma a quale prezzo?».

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KEYSTONE Balzaretti e Cassis

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