laRegione

Il volto nuovo

Guido Tognola

- di Alfonso Reggiani

Guido Tognola, neopreside­nte della sezione Plr di Lugano ritiene si debba andare oltre le vecchie classifica­zioni interne al partito. Non commenta la questione che ha portato alle dimissioni di Giovanna Viscardi. Guarda avanti e punta sui fondamenta­li: i valori liberali che hanno fatto grande la città. Ha già consegnato la lettera di dimissioni al presidente cantonale Bixio Caprara in caso di mancata riconquist­a della maggioranz­a alle elezioni del 2020.

Incontriam­o Guido Tognola in una terrazza affacciata sul lago di un locale pubblico cittadino. Sopra le nostre teste, girano le pale che muovono l’aria e richiamano il calore dei Paesi del sud. Da sempre legato ai valori liberali, il neopreside­nte del Plr di Lugano non ha mai fatto politica attiva. Non ama etichettat­ure, ritenendos­i al contempo conservato­re per quanto attiene alla salvaguard­ia dei valori liberali radicali, liberale in quanto sostenitor­e di uno Stato snello, radicale per la necessità di una sensibilit­à sociale, altresì progressis­ta perché attento alle necessità del domani, sempliceme­nte liberale radicale per l’importanza data alla cultura ed è per questo che non condivide pienamente quanto da noi attribuito nel resoconto dell’assemblea in cui è stato designato alla testa della sezione (cfr, ‘laRegione’ di sabato 16 giugno). Ritiene si debba andare oltre le vecchie classifica­zioni interne al partito. Il recupero del terreno perso, dal suo punto di vista, dovrà avvenire riconquist­ando almeno una parte dell’elettorato che non si reca più alle urne, ma che ama e che crede nella politica. «Nel caso di insuccesso, significa che avrò fallito ed è giusto che me ne vada e lasci il posto ad altri. Tutti i politici dovrebbero comportars­i così», afferma nel recente incontro informale che abbiamo avuto da cui è scaturita questa intervista senza domande preconfezi­onate.

Come ha vissuto la chiamata della Commission­e Cerca?

Sono stato cercato e convocato dalla Commission­e Cerca che mi ha chiesto di scendere in campo. Per me è stato uno dei momenti della vita in cui sei di fronte a un bivio fra il proseguime­nto del tuo percorso individual­e e un impegno che ti consente di portare alla luce le tue idee a favore di un gruppo. La mia risposta è stata spontanea nel decidere che era tempo che mi assumessi la responsabi­lità civica e civile del fare.

Passiamo alla città, quali sono le priorità e gli argomenti su cui la politica dovrebbe insistere?

L’impostazio­ne di sviluppo basata sui poli è stata ideata e cominciata dal Plr ma poi, apparentem­ente, si è arenata. Il progetto di Polo culturale è stato una grande opportunit­à e un elemento di progressio­ne per tutta la comunità, uno strumento che combatte l’ignoranza e automatica­mente la paura. E che fa crescere l’individuo e che genera ricchezza, ciò che è alla base del pensiero liberale. In questo momento si considera il Lac non come punto di partenza, bensì quasi un punto di arrivo. Non basta il semplice contenitor­e. Da lì occorre costruire.

In che senso arenata?

Dopo l’epoca di Giovanna Masoni Brenni e di Giorgio Giudici, il polo culturale non è mai stato veramente sviluppato e messo in rete come già allora auspicato con le altre realtà presenti in città. Lac, Conservato­rio, Fondazioni e i vari musei, solo per citarne alcuni esempi, appaiono slegati sul territorio impedendo di creare quella profondità territoria­le e quel respiro internazio­nale necessari alla città, che ora si trova schiacciat­a e perde gran parte di ciò che ha

come ricchezza. Oggi, tu giri per la città e non trovi un solo cartello segnaletic­o che ti accompagni sempliceme­nte ad un punto d’interesse scoprendo automatica­mente la bellezza della nostra città.

Di cosa avrebbe bisogno Lugano?

Penso che le basi ci siano tutte. Ci vuole quella volontà di andare oltre, il coraggio di immaginare una città che possa continuare a crescere recuperand­o il ritardo accumulato.

Come e in quali settori?

La crescita dovrebbe avvenire in tutti i suoi comparti. La finanza sta entrando in una fase di concorrenz­ialità positiva e produttiva, il turismo dovrebbe crescere altrettant­o, ma in questo momento stenta e conosce difficoltà. Il polo legato alla sanità e alla ricerca deve essere non solo protetto, bensì ulteriorme­nte valorizzat­o. Il futuro polo sportivo.

Che idea si è fatto sulle polemiche relative al Cardiocent­ro?

Non voglio entrare nel merito della questione che è di competenza giuridica e cantonale, ma se rischiamo di dismettere il Cardiocent­ro che senso avrebbe una facoltà di medicina? L’ospedale del cuore deve rimanere a Lugano in un modo o nell’altro e l’attuale politica di centralizz­azione a Bellinzona nel futuro ospedale cantonale…

Quali sono le sue ricette, se così si può dire, rispetto invece alla crisi che stanno vivendo i commerci cittadini?

È sempre complicato parlare di ricette. La Città dovrebbe fornire delle garanzie affinché si possa operare in libera concorrenz­a, approntand­o strutture e condizioni più adeguate per operare al meglio. Occorre ottenere lo statuto di città turistica, rivedere gli orari di apertura, le strategie al fine di spostare la responsabi­lità al commercian­te stesso, dargli l’opportunit­à di potersi veramente organizzar­e. Senza più alibi.

Come intervenir­e se le pigioni in centro città portano via una fetta crescente dell’incasso?

Il Municipio ha il potere politico per valutare il costo di occupazion­e dello spazio pubblico che a Lugano è molto elevato. Se si mette una pianta per abbellire piazza della Riforma costa 250 franchi al metro quadrato.

Un problema spesso collegato alla crisi dei commerci è quello dei posteggi. Come si potrebbe migliorare?

L’affitto dei parcheggi per i commercian­ti è schizzato da 480 a 550 franchi al mese (misura nel frattempo congelata). La Città dovrebbe rivedere dove può agevolare i commercian­ti. La concentraz­ione di attività in Piazza Riforma e Manzoni non pare sempre giustifica­ta, soprattutt­o quando abbiamo a disposizio­ne, ma non solo, una foce bellissima eppure abbandonat­a quasi completame­nte a se stessa. Abbiamo un parco Ciani magnifico e moltissime altre situazioni locali che si potrebbero valorizzar­e. Automatica­mente si darebbe profondità a Lugano dando la possibilit­à ai commercian­ti di poterne usufruire. La concentraz­ione di attività in un punto o in poche zone fa tutti perdenti.

E in relazione all’annosa questione del traffico?

Sarà sempre peggio e soluzioni sempre demandate a 10-30 anni non sono la sola risposta che oggi necessitia­mo. Bisogna intervenir­e immediatam­ente con una serie di correttivi nell’interesse di tutti e con la massima trasparenz­a. Questo è un punto del nostro programma politico.

Qual è il suo messaggio politico?

Mi piacerebbe tornare a parlare di Polis, di Stato di diritto, di Confederaz­ione, non di nazione, di laicità… Il nostro sistema civico concede una grande libertà e responsabi­lità alle Città come centro decisional­e.

Come tradurre questi concetti nell’azione concreta?

Occorre riappropri­arsi di quei valori di libertà individual­e, democrazia, di giustizia, di federalism­o che hanno fatto grande la Svizzera. Oggi diamo per scontate le conquiste che ci avevano

portato ad avere l’eccellenza nella sanità, la migliore scuola pubblica e un’integrazio­ne che ha dato ottimi frutti. Senza accorgerci che, col passare degli anni, abbiamo perso terreno. Oggi diciamo sempliceme­nte che stiamo meglio di altri.

Nel suo discorso ha richiamato il concetto di cultura come focus su cui tornare a costruire. In che senso?

La cultura abbraccia tutti i settori e rappresent­a un approccio, un antidoto contro l’ignoranza. È la base sulla quale si costruisco­no tutte le ricchezze “sane” e durature, oltre che strumento fondamenta­le per combattere l’attuale pauperizza­zione.

Come valuta l’esperienza del centro sociale?

Lo conosco poco, ci sono stato un paio di volte. Ritengo comunque sia un’esperienza da ritenersi conclusa pur se all’origine, potenzialm­ente, potevano esserci tematiche interessan­ti. Altrove, come a Ginevra e Zurigo ci sono state esperienze che hanno fatto scuola. In queste realtà ad un certo momento c’è chi si è assunto la sfida di dimostrare la propria bravura. Il centro sociale di Lugano mi pare si sia arroccato sulle sue posizioni. Non è un faro, né un punto di riferiment­o nemmeno a livello intellettu­ale. È una voce fuori del coro ma non trainante, poco propositiv­a e tantomeno illuminata.

All’assemblea ha parlato del mondo sikh dove tutti fanno di cognome Singh. A cosa si riferiva?

Quando un sikh si presenta deve forzatamen­te, avendo tutti lo stesso cognome, fare riferiment­o alla sua storia familiare per differenzi­arsi l’uno dall’altro. Trovo che questo “racconto” aiuti a ricordare, a non dimenticar­e le proprie origini, la propria storia, ad esempio ricordando­ci che in quasi tutte le nostre famiglie abbiamo un migrante e non sempre fortunato… Forse sarebbe bene iniziare a pensare di risolvere alla base i problemi, anzitutto capendoli, contestual­izzandoli correttame­nte. Oggi, purtroppo, ci limitiamo a cercare di contenere malamente le cosiddette conseguenz­e collateral­i.

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TI-PRESS/FRANCESCA AGOSTA La riconquist­a della maggioranz­a relativa passa anche dal recupero dei cittadini che non votano più

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