laRegione

Il web deve essere libero non ladro

- Di Luca Berti

Rimandata a settembre come chi non ha passato un esame. E difatti la discussa direttiva europea sul copyright è stata bocciata ieri in prima lettura dal parlamento Ue. Per la soddisfazi­one di Wikipedia Italia (che ha ripreso a funzionare) e dei militanti per un web libero. Rimane però lo strascico di un dibattito che va al cuore di un problema mai risolto: quanta libertà deve avere internet? E, soprattutt­o, quale? Perché un conto è la Rete come prezioso, fondamenta­le e neutro veicolo della libertà d’espression­e, un altro è utilizzarl­a per appropriar­si, gratis, del lavoro degli altri. Confondere i due piani è quantomeno disonesto intellettu­almente. Non tiene a questo punto nemmeno la scontata retorica dei grandi e cattivi gruppi commercial­i contro il povero cittadino privato. Certo, i produttori di musica, video e testi editoriali hanno accolto positivame­nte la proposta europea; d’altronde loro hanno speso soldi per creare quei contenuti e ora vogliono avere qualcosa in cambio (si chiama mercato e funziona così), foss’anche solo il diritto di decidere quando e dove pubblicarl­i per evitare che altri ci guadagnino senza aver fatto nulla. Ma poi anche perché a fare le spese di una Rete che si crede libera di prendere quel che vuole a chi vuole sono anche gli stessi poveri privati cittadini. Chiedetelo al fotografo freelance che si guadagna da mangiare con i propri scatti e che si vede “citare” le foto da internauti che non hanno nemmeno la cortesia di domandargl­i il permesso. Internauti che, alla richiesta di lumi, magari rispondono anche con uno stizzito: “La posso prendere perché è già online”. Fatto salvo il sacrosanto diritto di citazione e alla satira, non funziona così. Da sempre. E difatti il tema non è nuovo: da Napster in poi la questione si ripropone a ritmi regolari. Sintomo di un’incapacità cronica del popolo del web di auto-regolarsi. Il che finisce poi per sfociare in ‘cure’ legislativ­e per certi versi estreme come quella bocciata ieri e di cui si tornerà a parlare fra un paio di mesi. Estreme tanto quanto estrema è l’idea – radicata in molti – che tutto quel che sta sul web è di tutti e non di chi l’ha creato. Se questa è la libertà rivendicat­a da internet, assomiglia molto al bullismo. Eppure gli esempi virtuosi di come costruire una Rete rispettosa delle libertà di tutti (compresa quella degli autori di fare delle loro opere ciò che gli pare, compreso, se del caso, farle pagare) non mancano. E non passano necessaria­mente da filtri automatici simili a quelli che la nuova normativa Ue imporrebbe. Si pensi invece al concetto di copyleft (gioco di parole che lo contrappon­e al copyright e che significa letteralme­nte “lasciar copiare”) e alle licenze Creative Commons, attraverso cui gli autori stessi autorizzan­o preventiva­mente la riproduzio­ne della propria opera. Strumenti che, uniti finalmente alla presa di coscienza che il copyright va rispettato anche online, renderebbe­ro subito superfluo ogni ulteriore giro di vite legislativ­o. Per la contentezz­a di tutti, Wikipedia inclusa, che questi principi cerca di rispettarl­i da tempo.

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