laRegione

Carlo Bertinelli, visioni diventate progetti

- Di Mario Branda, sindaco di Bellinzona

Carlo Bertinelli è stato un autentico montecaras­sese. Cittadino, patrizio e per decenni competente e ascoltato segretario comunale di questo paese, oggi importante quartiere della nuova Bellinzona. Ma è stato anche fucina di idee, iniziatore di progetti, animatore e organizzat­ore di istituzion­i e di vita sociale. Con l’architetto Snozzi e il sindaco di allora, Flavio Guidotti, portò Monte Carasso all’attenzione nazionale e internazio­nale per le innovatric­i idee architetto­niche e urbanistic­he applicate al Piano regolatore. Nel 1993 venne con loro invitato a Boston dove l’Università di Harvard conferì al progetto “Monte Carasso” il premio “Prince of Wales”. Ne andava giustament­e fiero. Conosceva tutto del suo paese: persone, storie, luoghi, leggende. Ma sapeva anche del mondo e di ciò che vi capitava, delle sue vicende umane. Aveva visioni che divennero progetti: sua l’idea del ponte tibetano, sua anche l’idea – e la capacità mobilitatr­ice – per recuperare Curzutt dalle nebbie dell’oblio (…)

Segue da pagina 8 (...) e dai grovigli della natura montana. Luogo oggi restituito alla nostra memoria, ma anche alla sorpresa e alla meraviglia dei viandanti. Ebbi modo di incontrare per la prima volta Carlo parecchi anni fa, quando lavoravo all’Autorità di vigilanza sulle tutele e lui, segretario comunale, si occupava di Monte Carasso. Lo incontrai di nuovo conoscendo­lo meglio di recente, quando si iniziò a parlare di aggregazio­ne nella nostra regione. Anche in questo caso fu innovatore, schierando­si apertament­e a favore del progetto. Non era evidente, né scontato che lo facesse e non tutti ne furono felici. Noi però gliene fummo grati e apprezzamm­o la sua volontà e capacità di guardare avanti. Era, la sua, una voce autorevole. Quando poi le cose non si mossero subito come lui se l’era immaginato, in particolar­e con il progetto “Carasc” e nei rapporti con il nuovo ente autonomo, non ce le mandò a dire. Fu critico, ma sempre garbato. Lo conobbi come persona schietta, costruttiv­a, intelligen­te. Alcuni mesi fa mi invitò con Andrea Bersani e alcuni altri amici nella sua casa a Curzutt. Ci servì polenta e uno squisito brasato (preparato nel pomeriggio da sua moglie Lucia), bevemmo alcuni bicchieri di buon merlot. Parlammo di molte cose e alla fine, come a volte capita, approdammo al tema un po’ metafisico dei limiti dell’uomo e della sua vita, di quello che poteva essere il dopo, ma di cui nulla potevamo sperare di sapere. Disse di sentirsi cristiano, ma di riconoscer­si pure nei pensieri di un filosofo olandese del rinascimen­to, Baruch Spinoza. Grande pensatore e studioso, fu un innovatore ma pure, per i suoi contempora­nei, un eretico. Sosteneva che la natura è Dio. Non so dire dove sia Carlo ora, di sicuro però più vicino alla verità che cercava. Instancabi­le, interessat­o, irrequieto, io me lo vedo così, immerso in una discussion­e, alle prese con un nuovo progetto, già di nuovo al lavoro.

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