Sotto il burkini: niente
La Lega dei Ticinesi in una mozione (Aron D’Errico, primo firmatario) chiede che il burkini venga vietato su tutto il territorio pubblico balneare (ossia rive, foci e spiagge di fiumi e laghi) e in tutti gli stabilimenti balneari aperti al pubblico (una richiesta simile è scattata anche a Lugano). Non entreremo qui nella disputa burkini sì, burkini no, limitandoci a ricordare che numerose personalità ne hanno disquisito, giungendo a conclusioni opposte. I detrattori del burkini sostanzialmente vedono in questo particolare costume da ba- gno una costrizione per la donna, un simbolo dell’ideologia fanatica e pericolosa del fondamentalismo islamico, incompatibile con la nostra cultura. I contrari al divieto sottolineano invece come debba prevalere la libertà delle persone e di vestirsi come vogliono, senza che lo Stato vi ficchi il naso. Per il burkini non può valere la motivazione del divieto di coprire il volto, che infatti rimane scoperto (malgrado il nome, il burkini non è un burka da bagno), né quelle religiose: la libertà di culto garantisce di poter indossare capi d’abbigliamento legati alla propria religione (il saio dei frati, la kippà per gli ebrei, il turbante dei Sikh…). Motivi per vietare il burkini semmai potrebbero essere di ordine sanitario o di salvaguardia dell’ordine pubblico. Non a caso la querelle è scoppiata sulle spiagge francesi nell’estate del 2016, in un Paese terrorizzato dalle stragi di Parigi e Nizza. Ma la questione è un’altra. Perché chiedere di intervenire per risolvere (bene o male) un problema che non c’è? Quante sono le bagnanti in burkini sulle no- stre spiagge e nelle nostre piscine? Quanti cittadini si sentono minacciati da questo capo d’abbigliamento? L’ordine pubblico è mai stato turbato a causa del burkini? Non sarà invece che la motivazione è la stessa che ha spinto la Lega a chiedere il voto segreto in materia di naturalizzazioni, respinto dal Consiglio comunale? E quella che vedeva nei fenicotteri rosa dell’installazione artistica di Oppy De Bernardo in Piazza Grande un’altra minaccia? Salvo poi ritirare la mozione visto l’ampio successo dell’operazione. Diciamoci la verità: il burkini qui e ora è un falso problema, con il rischio semmai di alimentare paure irrazionali. La Lega in realtà, non sapendo con chi prendersela, né in grado di proporre qualche progetto concreto, si è ridotta ad attaccare dei simboli (tra cui mettiamoci anche la bandiera dell’Europa). Comunque un buon metodo, ormai sperimentato, per innescare polemiche che le danno visibilità. Certo che tra bandiere, pupazzi gonfiabili e burkini: se questi sono i problemi della gente!