Un’isola a Melide
Microcosmi / Sguardi sulle cose che cambiano, nel territorio e nelle persone
In viaggio fra i circoli culturali della nostra regione, incontriamo oggi i siciliani; un’altra storia di emigrazione, fatica, riscatto, bisogno che si rinnova di tener vivo un contatto con le proprie radici...
Sulla strada per Melide, dove tra poco incontro il presidente dell’Associazione Siciliani nel Ticino, Epifanio Mastrosimone, penso a quanto la bellissima isola abbia significato per l’arte e la cultura del Mediterraneo. All’importanza dei lavori di Fernand Braudel e di Predrag Matvejevic, agli odori del mare che “sono diversi quando il mare è calmo e quando agitato; quando evapora per la calura e il vento o quando lo bagnano la pioggia e l’umidità…”. Per un attimo torno a un bravo e indimenticabile professore di liceo, catanese, (un Camilleri più longilineo) che ci fece conoscere Gesualdo Bufalino e quel libro, ‘Diceria dell’untore’, splendido, di cui parlammo negli anni a venire. Penso anche a una vacanza di molti anni fa, dal porto di Genova in nave verso Palermo; poi in moto fino alla casa di un amico, a Partinico. Le visite a Segesta, Selinunte, Erice; a Sciacca, nel casolare di un suo zio. I vigneti di Catarratto, gli acini piccoli, tondi, un giallo pieno e la notte, sul soffitto un geco rosa grigio, immobile.
‘In Ticino cercavano manodopera’
Al quarto piano della casa di Melide, il signor Epifanio m’invita sul balcone; il paesaggio è suggestivo, da Gandria fino alla sponda opposta del lago Ceresio la vista si perde. La moglie Angela, porta con gentilezza un caffè squisito, prendiamo un bicchiere d’acqua e ci sediamo nel soggiorno. «Sono arrivato in Svizzera nell’agosto del 1962, da San Cataldo, vicino a Caltanissetta, maggiore di otto figli. Solo un fratello e una sorella sono rimasti al paese. Ho iniziato a lavorare in Val Verzasca come muratore, quando stavano costruendo la strada: avevo ventun anni. Dopo Bellinzona e Mezzovico, per l’autostrada. Nel ’65 sposo Angela che è del mio stesso paese. Le nostre famiglie si conoscevano molto bene». I tanti cantieri dell’epoca. «A quei tem- pi si emigrava perché in Ticino cercavano manodopera. San Cataldo era soprattutto terra d’agricoltura, con le miniere di zolfo, dove ho lavorato per sei mesi; a causa di un incidente che ha provocato la morte di un mio caro amico, un fatto drammatico, decido di smettere».
Dal 1982 ad oggi
Altri cantieri? «Quello della Mancini e Marti, fino all’80. Purtroppo subentra un’ernia complicata; tribolo col gesso, l’operazione a San Gallo per le vertebre, ma le cose non migliorano. Un’invalidità durata diversi anni, fino a quando trovo un posto alla Securitas». Cosa faceva? «Inizialmente la sorveglianza nelle banche, poi al Carrefour per otto, nove mesi, davanti alle casse, un lavoro di attenzione, ma così non dovevo fare sforzi con la schiena. Mi fa male ancora adesso, ma ci ho fatto l’abitudine». Quando e perché nasce la vostra associazione? «Nasce nell’82, per volontà di alcuni docenti che insegnavano al liceo di Lugano, tra cui il professor Di Stefano, padre di Paolo, scrittore e giornalista del Corriere della Sera. Da subito abbiamo avuto una buona risposta: si è provveduto a fare lo statuto dell’associazione e le attività culturali hanno preso subito il via. Anche Di Stefano ne è stato presidente: persona attiva, stimolante, propositiva». Gli incontri? «Prima al bar del Consolato. D’estate, a Riva San Vitale quando c’era il ‘Fogolar Furlan’ e al laghetto di Origlio». Quanti iscritti? «Più di duecento. Ricordo una cena al ristorante Carillon, a Ponte Tresa, dove quasi non ci stavamo dentro!». La signora Angela, interviene dicendo che prima erano tutti siciliani, «ma col passare degli anni le famiglie si sono allargate e sono arrivate persone di altre regioni, tra cui bergamaschi, ticinesi». Oltre alla cultura, i viaggi, il ballo e le grigliate segnano l’attività del gruppo. «Giuseppe Alessi, macellaio, originario della provincia di Messina, è stato presidente per dieci anni e io, il vice. Preparava i piatti con cura; intanto ci eravamo spostati al capannone di Pregassona, stavamo bene. Il ballo è per noi una tradizione importante». Epifanio Mastrosimone, diventa presidente nel 2005 e lo fa ancora con volontà e passione.