Alla corte del re Sole
Un grande interprete per un repertorio suggestivo, dalla camera del Re al nostro tempo, rinnovando la dolcezza...
Oggi alle 18.30 a Ceresio Estate, nella magica cornice della Chiesa parrocchiale di Gandria, verranno proposte musiche francesi “di corte” a cavallo tra ’600 e ’700. L’oboista Omar Zoboli ci svela alcuni “segreti” sugli strumenti utilizzati e sul programma del concerto.
Omar Zoboli, Martin Zeller ed Emanuele Forni. Dopo anni di collaborazioni, questo è il vostro primo progetto come trio. Com’è nata l’idea?
Dagli strumenti stessi: oboe, viola da gamba e tiorba costituiscono una formazione storica, che veniva usata nella chambre du Roi alla Corte di Versailles per eseguire musica “mattutina” con funzione di sottofondo mentre il re faceva colazione, o si radeva, o riceveva politici a colloquio. Il mio entusiasmo è nato in particolare dalla viola da gamba di Zeller, già appartenuta al più grande strumentista del ’600-inizio ’700: Antoine Forqueray. Quando sentii per la prima volta il suo suono, l’emozione fu tale da spingermi a cercare musiche scritte appositamente per esso.
Quali sono i vostri piani per il futuro?
Vorrei estendere il trio a una formazione più grande, che includa anche ad esempio un flauto, un violino, eventualmente un cembalo o un fagotto per la parte del basso continuo; in modo da poter suonare anche brani più complessi del repertorio di questo periodo.
Quali sono le peculiarità del repertorio francese ‘di corte’?
Il tipo di musica che veniva eseguito dipendeva molto dall’umore del re, che poteva scegliere brani di autori diversi, più o meno complessi. La peculiarità del repertorio è data di nuovo dagli strumenti che venivano utilizzati: nessuno di essi infatti suonava fortissimo, erano tutti accomunati dal fatto di suonare in maniera “dolce”. L’oboe, ad esempio, da strumento da banda adatto a suonare nei cortili e negli spazi aperti, venne appositamente modificato per poter suonare in maniera più delicata, equilibrandosi perfettamente con un flauto traversiere in uno spazio più raccolto e intimo. Nella chambre du Roi gli strumenti non dovevano mai “dare fastidio”, ma allo stesso tempo consentire ai musicisti di suonare in maniera precisa un repertorio articolato.
Quando la musica antica era la musica contemporanea di allora, qual era la reazione del pubblico rispetto a quello che avviene oggi di fronte alla musica dei nostri giorni?
Penso che oggi, così come alcuni secoli fa, non esista una musica contemporanea, ma convivano diversi stili. Oggi come allora vi è sia musica che “va incontro” al pubblico, sia musica frutto di sperimentazioni di compositori che non hanno interesse nell’assecondare il gusto dello stesso. All’epoca di Couperin e Rameau vi erano ugualmente compositori che scrivevano in maniera variamente ostica: i sovrani riuscivano generalmente ad apprezzare anche gli autori più “impegnati” in quanto educati secondo una certa cultura musicale. Un tempo era molto diffusa, attraverso le suites, musica per la danza; questo oggi può essere paragonato alla musica per film, musica volta ad attrarre il pubblico. Curiosamente si può dire che oggi anche facendo una certa musica antica – il repertorio con il basso continuo, improvvisato – si faccia musica contemporanea. Dipende molto dal modo di eseguire le indicazioni dei compositori, interpretandole e dunque reinventandole.
Immagina che nel futuro la musica di oggi verrà chiamata ‘musica antica’?
Personalmente, io chiamo anche Maderna musica antica: nel momento in cui oggi suoniamo o Maderna, o Castiglioni, o Couperin, stiamo comunque suonando una musica scritta in un altro mondo. Si crea un problema “storico”, di ricollocazione di autori come Mozart o Brahms in un’altra epoca rispetto a quella in cui vissero e operarono. Dobbiamo ricreare le emozioni e i contrasti che hanno determinato la genesi delle loro opere, o crearne altri ex novo, sostituibili agli originali in accordo con il tempo che stiamo vivendo.