Jean Arp, artista e poeta
Originalità e bellezza di una mostra non sono direttamente proporzionali alla sua ampiezza o quantità di opere esposte; una rassegna può anche esser breve, ma tanto sorvegliata nel suo insieme da presentarsi come un piccolo gioiello: di concetto e di idee, anzitutto, ma poi anche di calibrata armonia nel rapporto che intercorre tra l’allestimento e lo spa- zio architettonico che lo accoglie o, ancora, fra spazio museale e spazio esterno, vale a dire il bellissimo giardino della villa che sembra voler oltrepassare la grande finestra per far parte anch’esso dello spazio espositivo. Lo sguardo dell’osservatore si muove così tra il mondo visitato e reinventato dall’arte, e la natura che si manifesta fuori in tutto il suo splendore e rigoglio primaverile. Credo che Arp avrebbe molto apprezzato tale connubio profondamente consustanziale alla sua arte tanto radicata nella libera germinazione della natura. Obiettivo della mostra, curata da Simona Martinoli, è di gettare un fascio di luce sulla produzione artistica che Jean Arp (1886-1966) ha realizzato a partire dal secondo dopoguerra fino agli anni Sessanta del XX secolo, mettendola poi in dialogo con lavori di altri artisti in collezione. Come è noto la critica ha sempre privilegiato l’opera artistica e poetica di Arp connessa soprattutto al Dadaismo o ai movimenti dell’astrazione o del surrealismo immediatamente seguenti. Più in ombra è rimasta certa produzione degli anni 50 e 60, che è appunto quanto si prefigge di fare questa rassegna. Ritagliandosi però un ambito di osservazione molto delimitato: vale a dire il rapporto di Arp con la pittura informale praticata da non pochi suoi amici, penso in particolare all’amico, pittore e poeta pure lui, Camille Bryen (1907-1977) o a Fritz Huf (1888-1970) amico di lunga data che, nel secondo decennio del ’900, aveva avviato Arp verso la scultura. Al di là della lunga amicizia che legava tra loro artisti anche diversi, accomunati da stima reciproca e orientati verso una stessa ricerca, quel che per brevi assaggi esce dalla mostra non è solo la coerente continuità del percorso di Arp, ma anche la sua capacità di reinventarlo e spostarlo, integrando stimoli diversi, quando non anticipandoli come dimostra quel suo ultimo olio, prettamente informale, del 1943, con cui chiude il percorso. (‘Sguardi sull’opera tardiva’, Fondazione Arp, Solduno, fino al 28 ottobre).