La trasformazione della destra
Segue dalla Prima (...) le destre estreme xenofobe e fascistoidi che sbugiardano chi predicava la fine delle ideologie’. A proposito delle ideologie, è bene rilevare che purtroppo non solo sono apparse prepotentemente quelle che esaltano la chiusura, il rifiuto dell’Altro e del dialogo, ma stanno scomparendo anche quelle che si fondavano su valori ritenuti indispensabili, e da tutti condivisibili, quali la libertà e la democrazia. Un esempio clamoroso di questo mutamento lo dà purtroppo l’Unione europea, un istituto che avrebbe dovuto, nelle intenzioni dei fondatori negli anni 50 del secolo scorso, realizzare quegli ideali ma che, soprattutto dopo il suo allargamento, a cavallo dei due secoli, ai Paesi dell’ex impero sovietico, è divenuto un coacervo di interessi divergenti, di regimi in antitesi l’uno con l’altro, un continuo scontro di opposti egoismi nazionali.
C’era una volta il Partito popolare
Anche i partiti, e in particolare quello democristiano, che contribuirono a fondare concretamente l’ideale europeo, maturato nelle personalità più significative della lotta contro il nazi-fascismo (basti pensare al manifesto di Ventotene, elaborato da Ernesto Rossi e Altiero Spinelli durante l’esilio nel 1941), vedono i loro esponenti odierni occupati a gestire con difficoltà gli intricati problemi attuali, senza più una guida chiara che aggiorni e valorizzi gli ideali del passato. Una situazione ben descritta da Federico Rampini (‘laRepubblica’ 3.7.2018): ‘C’era una volta il Partito popolare di Konrad Adenauer, Robert Schumann, Alcide De Gasperi: artefici dell’Europa unita nel dopoguerra. Oltre che pionieri di un’economia sociale di mercato, antesignana del ‘modello europeo’ di welfare. Pur essendo democristiani, non invocavano la difesa di un’identità cristiana dell’Europa, oggi in voga’. Oggi le formazioni politiche democristiane, maggioritarie nell’Ue, sono indotte, dalla nuova situazione, a spostarsi dal centro, loro classica collocazione, sempre più a destra, al punto da integrare al loro interno delle forze che con la democrazia hanno ben poco a che fare. E ciò al solo scopo (poco lungimirante) di mantenere la loro supremazia nel contesto europeo. Così, qualche anno fa, il Partito democristiano europeo ha accolto il partito fondato e dominato da Berlusconi, il quale ha ben scarse credenziali democratiche. E oggi fa parte di questa formazione il dittatore ungherese Orban, deciso nemico della democrazia e della libertà: leader di quel neofascismo che mira a invadere tutta l’Europa.
Usa: analoga evoluzione
Negli Stati Uniti si verifica un’analoga evoluzione. Da quella forza di destra moderata, rispettosa dei diritti civili ed espressione di una borghesia liberalconservatrice che era, il Partito repubblicano, dapprima sotto l’influenza di due presidenti, il reazionario Reagan e il guerrafondaio Bush junior, si è gradatamente trasformato in una formazione politica dominata dall’estrema destra, fino a configurare un potere autoritariamente egocentrico, dimentico dei più elementari diritti, inimmaginabile fino a pochi anni or sono, sotto Donald Trump. E qui giustamente annota Rampini: ‘Con Trump non c’è più nulla del partito neoliberista, modernizzatore, laico e borghese. Non è più il pilastro dell’Occidente, idea che gli è del tutto estranea. Protezionismo e chiusura all’immigrazione sono le sue linee guida’. Significativo, in questa svolta molto preoccupante, è l’uso strumentale della religione, adoperata anche in funzione di una presunta lotta fra civiltà, con specifica attenzione al freno all’immigrazione. Si usano a sproposito termini quali ‘identità’ e ‘radici’ per fare della religione cristiana un concetto improntato al fondamentalismo; e ciò contro la volontà di quella che (ci si augura) è ancora la maggioranza dei credenti. È impressionante che, nel XXI secolo, riappaia questa concezione della religione. Per cui, per chi intende difendere i principi che hanno presieduto all’evoluzione delle nostre nazioni democratiche è più che mai importante affermare, ed attuare, un principio basilare: quello della separazione fra Stato e Chiese, delineando chiaramente le loro rispettive competenze, sanzionando la reciproca indipendenza. È questo un compito, in opposizione all’attuale ondata antidemocratica ed estremistica, di essenziale rilevanza.