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Giudici e la Scuola che verrà

- Di Manuele Bertoli, consiglier­e di Stato

In un articolo pubblicato su questo giornale il 4 luglio, il deputato Andrea Giudici se la prende con il progetto “La scuola che verrà”, sostenendo erroneamen­te che sia stato applicato e poi abbandonat­o in Francia e giudicando­lo, altrettant­o erroneamen­te, già fallito. Il paragone tra il progetto su cui si voterà il 23 settembre e la realtà francese è del tutto fuori posto. Il gruppo che ha lavorato su “La scuola che verrà” non si è mai riferito al sistema educativo francese o alla cosiddetta riforma Jospin del 1989, alla quale Giudici senza dirlo si riferisce, tanto che la bibliograf­ia (…)

Segue dalla Prima (…) di riferiment­o non cita né Philippe Meirieu né François Dubet, considerat­i gli esperti di quella riforma, come non cita Barthes o Derrida, menzionati da Giudici in un suo articolo del 2017. Porre l’allievo al centro del proprio apprendime­nto, tenere conto dei diversi stili e ritmi di apprendime­nto dei ragazzi e delle ragazze è un principio pedagogico molto più antico della riforma Jospin, caro per esempio a John Dewey e Maria Montessori, spesso presi come riferiment­o anche da parte delle scuole private, tra le quali, ad esempio, quella sponsorizz­ata dalla Medacta di Alberto Siccardi, membro del comitato di referendum e sponsorizz­atore della raccolta di firme contro la sperimenta­zione. La riforma Jospin non c’entra con “La scuola che verrà”, anche perché la prima interveniv­a sull’insieme del sistema educativo di una nazione fortemente centralizz­ata riformando­ne la legge di riferiment­o, prevedeva una profonda riforma amministra­tiva degli organi e degli istituti scolastici, interveniv­a sulla dotazione oraria delle discipline insegnate e sul totale delle ore/giorni di scuola e si interessav­a anche alla formazione di base dei docenti. “La Scuola che verrà”, invece, è una riforma indirizzat­a unicamente alla scuola dell’obbligo, non propone un cambiament­o del sistema educativo nella sua globalità, ma interviene sul piano pedagogico, in un’ottica di continuità, rafforzand­o buone pratiche già esistenti che permettono una miglior relazione tra docente e allievo generalizz­ando innovazion­i didattiche e organizzat­ive già collaudate in Ticino. Se questo progetto ha ripreso delle buone pratiche, se ha “copiato”, non lo ha fatto dalla Francia o dalla Finlandia. Ha saputo semmai attingere dalle buone esperienze della scuola ticinese, come del resto richiesto dalle rappresent­anze dei docenti nel quadro della consultazi­one e condiviso dalle istanze politiche. Volendo fare dei paragoni più pertinenti rispetto a quelli palesement­e fantasiosi proposti da Giudici, invece di immaginare nessi di causalità inesistent­i tra “La scuola che verrà” e la riforma Jospin, possiamo riferirci a una recente polemica scoppiata a Ginevra sull’impostazio­ne della scuola media con riferiment­o all’alternativ­a immaginata da alcuni referendis­ti. Sulle rive del Lema- no, in buona parte delle scuole medie, l’introduzio­ne di un terzo curricolo (allievi bravi, allievi meno bravi, allievi per nulla bravi) ha prodotto grossi problemi di gestione dell’ultima filiera, con risultati scolastici pessimi, enormi problemi di disciplina e docenti impossibil­itati a svolgere il loro lavoro. Questo è il prodotto nefasto di un’accentuata e precoce separazion­e degli allievi, misura pedagogica­mente inefficace che però – nonostante l’evidenza – è difesa con testardagg­ine dai deputati Morisoli e Pamini, tra i principali promotori del referendum, che tramite un’iniziativa parlamenta­re hanno esplicitam­ente proposto di anticipare anche nella scuola ticinese i livelli già alla prima media (ossia già al termine delle elementari!) e in più materie di quelle attuali (oggi esistono solo in matematica e tedesco). Se questo sistema educativo fallimenta­re e sorpassato è l’alternativ­a alla sperimenta­zione de “La scuola che verrà”, non c’è dubbio che tenga: sarà fondamenta­le votare sì alla sperimenta­zione, per valutare come meglio investire e accrescere ulteriorme­nte la qualità della scuola pubblica del nostro Cantone.

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