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‘Forzare la scelta non è la via’

Secondo Immersi la realtà del Team Ticino è simile a quella della Nati: ‘Tutti si identifica­no e danno il massimo’

- Di Sascha Cellina

Massimo Immersi, responsabi­le tecnico del Team Ticino, sul tema del doppio passaporto: ‘In Nazionale nessuno si risparmia. Anche da noi è così: tutti si identifica­no e si sentono parte in causa’.

«Nei nostri effettivi abbiamo parecchi ragazzi originari di altri Paesi ma non c’è nessun problema, anzi... Si sentono tutti appartenen­ti al Team Ticino e alla nostra regione e allo stesso modo penso che chi indossa la maglia della Nazionale dia sempre il meglio di sé». È con queste parole che Massimo Immersi, nuovo responsabi­le tecnico del Team Ticino ma già da 5 anni attivo nell’Associazio­ne, butta acqua sul fuoco della polemica relativa ai giocatori di origine straniera nella Nazionale rossocroci­ata, alimentata negli scorsi giorni dal segretario generale dell’Asf Alex Miescher, il quale ha ipotizzato la possibilit­à di chiedere ai giocatori che vogliono vestire la casacca rossocroci­ata di rinunciare al doppio passaporto... «Dopo una manifestaz­ione così, con un’eliminazio­ne del genere, sarebbe stato meglio non parlare troppo a caldo, lasciare passare un po’ di tempo e solo in seguito, a bocce ferme, analizzare la situazione – afferma il 38enne ex difensore di Bellinzona, Lugano, Locarno e Chiasso –. Sicurament­e, pensando alla formazione, fa perlomeno strano vedere un ragazzo che svolge tutta la trafila nelle selezioni giovanili in Svizzera per poi, al momento di passare alla Nazionale maggiore, scegliere il suo Paese d’origine. A tutti sarebbe piaciuto vedere Rakitic o Petric giocare per la Svizzera. Però non penso proprio che obbligare un ragazzo di 15 anni a scegliere o a rinunciare al doppio passaporto sia la strada corretta. Sarebbe più giusto andare alla radice del problema, capire da dove arrivano determinat­e scelte. Ma sono convinto che con il passare degli anni questa situazione si presenterà sempre meno, perché questa ad esempio è la prima generazion­e di ragazzi provenient­i dai Balcani, ma già la seconda sentirà meno questo dualismo. Io stesso ho origini italiane, ma sono sicuro che le mie figlie si sentiranno svizzere al cento per cento. Per me non c’è un reale problema, se ne parla solo perché c’è stato quel gesto dell’aquila, ma tra un po’ le acque si saranno calmate e si potrà andare avanti».

‘Polemica ciclica ma sterile. Forzare un ragazzo non è la via…’

Già, l’aquila bicipite mimata da Xhaka, Shaqiri e Lichtstein­er nel match del girone E dei Mondiali vinto 2-1 contro la Serbia con reti proprio dei due giocatori di origine kosovara... «A me non ha dato per nulla fastidio. Viviamo in una nazione multicultu­rale, cosa ci aspettiamo? È normale che anche la Nazionale rappresent­i questa multicultu­ralità. Giocano per la Svizzera, danno il massimo per la maglia che indossano, ma nelle loro vene scorre anche sangue del loro Paese di origine, per cui è anche normale, oltretutto se provocati, avere delle reazioni del genere. Per me non esiste un problema in questo senso, dopotutto basta guardare anche le altre nazioni, tra cui le più forti: molte sono nella stessa situazione ma non ci sono tutte queste polemiche. Che tra l’altro, oltre a essere cicliche ma sterili, se ci fossimo qualificat­i per i quarti

di finale non ci sarebbero nemmeno state...». A proposito di quarti, la mancata qualificaz­ione per questo stadio della Coppa del mondo da molti è stato visto come un fallimento... «Io non sono per nulla deluso, perché seppur sarebbe evidenteme­nte piaciuto anche a

me vedere la Svizzera ai quarti, arrivare agli ottavi entrando tra le migliori sedici squadre al mondo, rappresent­a pur sempre un bel traguardo. A maggior ragione in un girone per nulla facile con Brasile, Serbia e Costa Rica. Certo, sarebbe stato possibile battere la Svezia, ma allo stesso tempo la sconfitta non rappresent­a un fallimento. Forse negli ultimi anni siamo stati viziati dalla Nazionale, si è fatto il palato a certi risultati e si vuole sempre di più, però bisogna essere realisti e consci che siamo e rimarremo sempre la Svizzera».

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KEYSTONE Gli ‘aquilotti’ continuano a far parlare Massimo Immersi

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