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Strisciare e torcersi nella corrente in un’acqua putrida con zero visibilità

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“È il nostro D-day”, aveva detto il responsabi­le dei soccorsi annunciand­o ieri mattina il via alle operazioni con la partecipaz­ione di 90 sommozzato­ri. I primi sub stranieri sono entrati qualche ora prima del blitz, costituiva­no la componente più importante dell’operazione: scortare ognuno dei ragazzi, uno davanti e uno dietro, lungo i cunicoli tortuosi e sommersi per il primo chilometro, il tratto più pericoloso. Le condizioni erano le migliori possibili, in confronto alla grotta quasi tutta allagata ancora solo 6 giorni fa. Nei giorni scorsi sono state installate luci e corde nei passaggi più angusti, tolti detriti di intralcio e smussati gli angoli più pericolosi. Ma la via per la salvezza, in particolar­e quella verso la prima base intermedia dei soccorrito­ri nella ‘terza caverna’, è un percorso proibitivo che richiede di nuotare, strisciare e torcersi: il punto più stretto è di 72 centimetri, il più basso di soli 38, un punto dove corpo e bombola di ossigeno non passano assieme. Il tutto in un’acqua putrida con zero visibilità, e in alcuni punti con l’impeto di un torrente. Raggiunta la ‘terza caverna’, la salvezza è ormai a portata: l’ultimo pezzo è il più facile, ed è percorribi­le a piedi. Anche se a quel punto i ragazzi ormai stremati vengono portati fuori in barella.

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