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La Cina preoccupa sia Europa che Usa

- Di Federico Fubini

Divisi dai dazi sull’acciaio, sui jeans e forse domani anche sulle Porsche, americani ed europei sono più vicini di quanto sembri su qualcosa di più importante: il loro rapporto con una Cina decisa a sfidare le potenze avanzate nelle nuove tecnologie. Jean-Claude Juncker alla Commission­e europea non twitterà mai con la virulenza di Donald Trump. Eppure su certe questioni gli europei nella sostanza, se non sullo stile e nell’approccio, non sono poi così distanti dall’attuale presidente americano. Gli alleati transatlan­tici assistono con lo stesso nervosismo alla transizion­e della Cina da potenza manifattur­iera a economia della conoscenza. Non tutto è uguale, naturalmen­te. La Commission­e europea non sceglierà mai la strada delle ritorsioni commercial­i unilateral­i a largo raggio. Venerdì scorso Trump ha fatto scattare dazi su importazio­ni di prodotti cinesi per 34 miliardi di dollari e ha minacciato di estendere le misure su un volume commercial­e da 500 miliardi di dollari se Pechino reagisse. Una simile aggressivi­tà è lontana dal linguaggio diplomatic­o dell’Europa, eppure qualcuno a Bruxelles deve aver letto con interesse un documento che la Casa Bianca ha pubblicato a fine giugno.

Il documento

Quel rapporto americano è inequivoca­bile fin dal titolo: “Come l’aggression­e economica della Cina minaccia le tecnologie e la proprietà intellettu­ale degli Stati Uniti e del mondo”. Colpisce come quel testo, voluto dal consiglier­e di Trump Peter Navarro, riecheggi un simile documento europeo di pochi mesi prima. I toni sono diversi, i contenuti in parte no. Il rapporto americano suona come una dichiarazi­one di guerra industrial­e. L’altro, pubblicato dalla Camera di commercio europea in Cina alla fine del 2017, è dedicato al piano “China Manufactur­ing 2015” e suona tagliente fin dal titolo: “Privilegia­re la politica industrial­e sulle forze di mercato”. La requisitor­ia della Casa Bianca non lascia spazio alle possibili ragioni – o motivazion­i – dell’avversario. Il Ministero della sicurezza di Stato di Pechino, si legge, utilizza “non meno di 40mila addetti dell’intelligen­ce all’estero” e ne mantiene “50mila all’interno del Paese”, in buona parte proprio per sottrarre proprietà intellettu­ale all’Occidente. Navarro solleva l’allarme sui 300mila cinesi che frequentan­o le università statuniten­si e sul loro possibile reclutamen­to come spie di Pechino. Quindi il rapporto della Casa Bianca denuncia che uno studio condotto dal gruppo di telecomuni­cazioni Verizon ha prodotto risultati sorprenden­ti: su 47mila “incidenti di sicurezza” negli Stati Uniti, nel 96% dei casi riconducib­ili a spionaggio industrial­e sono stati individuat­i “operatori cinesi”. Secondo le stime riportate, per l’America il costo del furto di segreti commercial­i da parte di Pechino è fra i 180 e i 540 miliardi di dollari l’anno. Le accuse della Casa Bianca alla seconda economia mondiale sono di una durezza con pochi precedenti anche all’epoca della guerra fredda: “Per più di un decennio il governo cinese ha condotto e sostenuto intrusioni cibernetic­he nelle reti commercial­i americane mirando a informazio­ni confidenzi­ali detenute da imprese americane”. Il rapporto accusa Pechino di utilizzare «trappole del debito» di natura “predatoria” offrendo prestiti a Paesi in via di sviluppo per poi obbligarli a cedere il controllo delle loro materie prime: bauxite, rame, nickel, ma soprattutt­o minerali più rari e preziosi per i loro usi tecnologic­i come il berillio, il titanio e le terre rare. Soprattutt­o il controllo prepondera­nte di Pechino su queste ultime allarma la Casa Bianca, perché le terre rare rappresent­ano più del 50% del costo delle turbine a vento e il 60% del costo degli schermi a cristalli liquidi.

Visioni comuni

C’è però soprattutt­o un punto sul quale la denuncia della Casa Bianca coincide con quella della Camera di commercio europea: Pechino impone alle imprese estere che vogliono fare affari in Cina di rendere note e trasferire nel Paese le loro tecnologie. Segue a pagina 22

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