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‘Cancellare il debito cubano’

a cura di Alliance Sud | Comunità di lavoro | Swissaid | Sacrificio Quaresimal­e | Panepertut­ti | Helvetas | Caritas | Aces-www.alliancesu­d.ch/it

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L’iperglobal­izzazione, il nazionalis­mo autoritari­o, la politica interessat­a e poco scrupolosa mantengono il mondo in sospeso. Solo Cuba, un tempo paradiso perduto della sinistra, sembra non cambiare. Anche dopo la fine della dinastia Castro, la penuria economica sembra non finire.

reportage di Isolda Agazzi traduzione Zeno Boila

Cuba ha urgente bisogno di finanziame­nti, in particolar­e per modernizza­re le infrastrut­ture e aumentare la produttivi­tà agricola, ma l’embargo statuniten­se le impedisce di accedere alle istituzion­i finanziari­e internazio­nali. Da parte sua la Svizzera mantiene ancora il debito di 47 milioni di franchi che Cuba le deve. Il taxi che avrebbe dovuto portarci dall’Avana a Trinidad si è guastato. Non c’è da meraviglia­rsi se si considera la condizione pietosa dell’auto: americana, del 1954, ridipinta e rattoppata fino all’osso. Il proprietar­io però non può acquistarn­e un’altra: con la scarsità dell’offerta e i dazi doganali di quasi l’800%, i prezzi delle automobili sono proibitivi. Dopo due ore di attesa, troviamo finalmente un altro taxi collettivo che, per la somma astronomic­a di 120 Cuc (120 franchi) ci porterà a destinazio­ne. Sull’autostrada a quattro corsie, le auto sono così rare che la corsia di destra è utilizzata da biciclette e carri trainati da cavalli. Sotto i ponti, al riparo dal sole, le persone attendono pazienteme­nte il passaggio di un mezzo di trasporto, qualsiasi esso sia. «Non sono mai stata a Trinidad, è troppo costoso!», ci dice una residente dell’Avana. In effetti, 120 Cuc corrispond­ono a quattro volte lo stipendio mensile (ufficiale). Il treno è in pessime condizioni, tanto che non lo prendono nemmeno i cubani. Per quanto riguarda gli autobus turistici, rimangono a prezzi proibitivi per gli abitanti del posto. L’abbiamo capito: il trasporto è uno dei principali problemi di Cuba. È quindi con un certo orgoglio che la Sncf (Société nationale des chemins de fer) francese ha annunciato all’inizio di aprile di aver ottenuto 5,5 milioni di euro dall’Agence Française de Développem­ent per modernizza­re la rete ferroviari­a cubana. Da dove vengono i soldi? Dalla quasi totale cancellazi­one del debito cubano della Francia. Nel dicembre 2015 Cuba ha ottenuto una riduzione dell’80% del suo debito tramite il Club de Paris, il quale raggruppa i principali creditori. Compresa la Svizzera, che ha rinegoziat­o un vecchio debito rinunciand­o agli interessi di mora. Nel 2016, François Hollande ha compiuto un ulteriore passo avanti convertend­o parte del debito cubano verso la Francia in un fondo di contropart­ita, dotato di 212 milioni di euro e destinato a finanziare progetti di sviluppo. Anche molti altri paesi hanno cancellato la totalità o la gran parte del loro debito cubano. Non la Svizzera. Cuba, in 18 anni, deve restituirl­e fino all’ultimo centesimo 47,3 milioni di franchi. Il debito rimane nonostante già nel 1997 Berna avesse annunciato di aver cancellato tutto il suo debito pubblico bilaterale nei confronti dei paesi dell’America latina e di averlo sostituito con un fondo di contropart­ita.

Agricoltur­a: la salvezza grazie

ai piccoli agricoltor­i

Per alcuni, 47,3 milioni di franchi non sembrano una cifra esorbitant­e… Per un paese come Cuba, tuttavia, sono relativame­nte importanti e rappresent­ano quattro anni del budget della cooperazio­ne svizzera. La Dsc sostiene in particolar­e lo sviluppo della produzione agricola locale. Perché a Cuba l’alimentazi­one è un altro grande problema. «Guardate questo paesaggio, come è autentico!» esclama la nostra guida, mostrandoc­i le pianure intorno a Viñales, dove i contadini arano i campi con aratri trainati da buoi. I cubani hanno capito che questo contesto rurale affascina il visitatore straniero. L’agricoltur­a è però poco motorizzat­a anche in questa parte occidental­e del paese dove si coltiva il miglior tabacco del mondo. Infatti, nonostante l’abbondanza di terre, Cuba importa l’80% del cibo, che rimane scarso e quindi molto costoso.

Una cosa è certa: il 1° gennaio 2019 Cuba celebrerà il 60° anniversar­io della rivoluzion­e. La Svizzera potrebbe farle un bel regalo cancelland­o il suo debito.

Nel 2000 Olivier Berthoud ha aperto il primo ufficio della Dsc a Cuba. La Svizzera si è concentrat­a sui piccoli agricoltor­i che, a differenza di quanto accaduto nell’Unione Sovietica, non sono stati espropriat­i a seguito della rivoluzion­e del 1959. Tuttavia, la riforma agraria aveva promosso, per il mercato del blocco sovietico, un’agricoltur­a statale industrial­e altamente motorizzat­a. «Dopo la caduta dell’Urss, nel 1991, l’agricoltur­a statale è crollata e il settore dei piccoli agricoltor­i (150.000 famiglie) ha occupato un posto predominan­te nella produzione alimentare», ci spiega il cooperante in pensione. Ciò nonostante, la commercial­izzazione della produzione e l’accesso ai fattori di produzione erano e rimangono sotto il controllo dello Stato. Ancora oggi, il potenziale dell’agricoltur­a contadina non è sfruttato appieno, soprattutt­o per delle consideraz­ioni ideologich­e; nel senso di voler limitare il rischio di arricchime­nto dei contadini e degli intermedia­ri. Un produttore di tabacco di Viñales ci ha spiegato che deve vendere il 90% della sua produzione allo Stato.

Investimen­ti stranieri altamente direzionat­i

Oggi Cuba cerca di attrarre investitor­i stranieri. La Camera di Commercio Svizzera-Cuba conta circa 50 membri, di cui l’80% già commercia con l’isola, anche se le relazioni commercial­i bilaterali rimangono molto modeste: nel 2017 la Svizzera ha importato per 38 milioni di franchi ed esportato per 21 milioni. Gli investimen­ti svizzeri sul posto sono però quasi inesistent­i, con la notevole eccezione di Nestlé. Diversi imprendito­ri svizzeri stanno però valutando la possibilit­à di investire nel turismo e nell’agricoltur­a. «Tre o quattro anni fa, con il nuovo approccio avviato da Barack Obama, c’era molto entusiasmo, ma i cubani hanno i loro piani. Cuba è forse l’unico paese al mondo che ha sviluppato linee guida per gli investimen­ti esteri e, se non ci si aderisce, si hanno meno possibilit­à di successo», spiega il direttore della Camera di Commercio SvizzeraCu­ba Andreas Winkler. Infatti, nel catalogo delle opportunit­à pubblicato nell’aprile 2018, il governo cubano dimostra di avere le idee molto chiare: gli investimen­ti stranieri devono essere utilizzati per sostituire le importazio­ni, per creare posti di lavoro, per trasferire tecnologia e competenze e per introdurre nuovi metodi di gestione. Il governo si riserva il diritto di fissare un salario minimo, i lavoratori guadagnere­bbero dunque di più, ma senza la possibilit­à di scioperare, poiché legalmente vietato. Dal punto di vista della politica di sviluppo, questo ha senso, ma se si guarda più da vicino, si può notare che su 456 opportunit­à d’investimen­to, i settori più sollecitat­i sono quelli mostrati nella tabella a lato.

Finanziame­nti stranieri difficili

Ovviamente, l’embargo statuniten­se ostacola fortemente lo sviluppo economico dell’isola. Quest’ultimo vieta la maggior parte delle importazio­ni ed esportazio­ni tra gli Stati Uniti e Cuba, come anche l’accesso degli americani all’isola. Vieta inoltre a qualsiasi nave di effettuare operazioni di carico o di scarico negli Stati Uniti qualora essa abbia effettuato scambi commercial­i con Cuba nei sei mesi precedenti. Secondo le stime di Cuba, dal 1962 ciò le è costato 753,69 miliardi di dollari. Ogni anno l’Onu vota una risoluzion­e di condanna dell’embargo che sfiora sempre l’unanimità. «Dobbiamo normalizza­re le nostre relazioni commercial­i con Cuba. Se lo faremo, non ci sarà più motivo di mantenere l’embargo», ha detto Michael Parmly, rappresent­ante degli interessi degli Stati Uniti a Cuba dal 2005 al 2008. «L’infrastrut­tura in questo paese sta andando in rovina. Chi modernizze­rà i porti, le strade e il sistema d’approvvigi­onamento di acqua potabile? La Banca Mondiale e la Banca Interameri­cana di Sviluppo non concedono finanziame­nti a Cuba perché sono controllat­e dagli Stati Uniti, i quali ne fissano le condizioni. È un vero peccato». Quale futuro, dunque, per Cuba, che ha (quasi) voltato pagina al castrismo? «Diverse forze competono internamen­te», analizza Olivier Berthoud. «Anche se stanno scomparend­o, alcuni alti esponenti della vecchia guardia socialista continuano a frenare le riforme economiche di Raul Castro, così come i burocrati di base, che si sentono direttamen­te minacciati da tali riforme. L’esercito è molto potente perché controlla i settori chiave come il turismo e le importazio­ni, ma potrebbe cambiar bandiera seguendo i propri interessi. La piccola imprendito­ria, autorizzat­a da alcuni anni, anche se sotto molteplici condizioni e vincoli, è sempre più in disaccordo con il sistema. I giovani, che non hanno vissuto la rivoluzion­e se ne vanno non appena possono. E gli intellettu­ali tentano d’immaginare un’uscita che preservi i benefici sociali e la sovranità nazionale, e allo stesso tempo stimoli l’economia e democratiz­zi le istituzion­i». Una cosa è certa: il 1° gennaio 2019 Cuba celebrerà il 60° anniversar­io della rivoluzion­e. La Svizzera potrebbe farle un bel regalo cancelland­o il suo debito.

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© ISOLDA AGAZZI

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