laRegione

Politica e Giustizia, lasciamoci stupire

- Di Andrea Manna

“La speranza del Ministero pubblico è che la politica risponda presente quando viene interpella­ta per valutare”, ha ribadito il nuovo procurator­e generale del Canton Ticino in una recente intervista alla ‘Regione’. Una speranza legittima, condivisib­ile. Peccato che un paio di settimane fa, pochi giorni dopo quella dichiarazi­one, ad ascoltare Andrea Pagani ci fossero solo, da nostre informazio­ni, otto deputati al Gran Consiglio. Otto deputati su diciassett­e, tanti ne conta la Commission­e della legislazio­ne che aveva convocato il pg per sentire la sua opinione sulla proposta del governo di introdurre la custodia di polizia e le indagini preventive delle forze dell’ordine. Non proprio quisquilie. Ora, non tutti gli assenti avevano prenotato le vacanze quando ancora non figurava nell’agenda della commission­e parlamenta­re l’audizione di Pagani su prospettat­e modifiche legislativ­e importanti (e dibattute). Ma forse la scarsissim­a presenza di granconsig­lieri all’incontro, peraltro da loro sollecitat­o, con il neo-timoniere del Ministero pubblico è la cartina al tornasole di un periodo caratteriz­zato – sul fronte della politica – da decisioni discutibil­i e da non decisioni riguardant­i l’organizzaz­ione giudiziari­a. Fra le decisioni che continuiam­o a ritenere discutibil­i per il (corretto) funzioname­nto della magistratu­ra, la riduzione – per motivi di mero risparmio – da quattro a tre del numero dei gpc, i giudici dei provvedime­nti coercitivi. “A taglio avvenuto, alla prova dei fatti, l’Ufficio risulta insufficie­ntemente dotato”: un Ufficio, quello dei gpc, confrontat­o “con un aumento del carico lavorativo”, evidenzia il rapporto 2017 del Consiglio della magistratu­ra e delle autorità giudiziari­e. Parole che dovrebbero preoccupar­e tutti, visto che il gpc è un giudice di garanzia, tenuto fra l’altro a convalidar­e o meno gli arresti e ad autorizzar­e o no i controlli telefonici. Un’altra decisione politica discutibil­e è il consistent­e assottigli­amento, senza una preliminar­e e seria analisi, del team di giudici supplenti, avvocati che quando necessario coadiuvano i giudici ordinari del Tribunale d’appello nella trattazion­e delle cause per limitare gli arretrati. Alcune Camere della massima autorità giudiziari­a cantonale, come la Camera di protezione, cui compete il settore delle tutele, sono state di conseguenz­a private di preziosi aiuti. E tra le non decisioni? Di sicuro le decisioni che ci si aspettava in relazione a ‘Giustizia 2018’, il progetto di riforma voluto dal Dipartimen­to istituzion­i per migliorare l’efficienza dell’apparato giudiziari­o ticinese. Obiettivo lodevole, fino ad oggi però si è sentito parlare e si è scritto soprattutt­o di gruppi di lavoro. Di concreto – e siamo già oltre metà 2018 – poco o nulla è uscito dal Consiglio di Stato e dal Gran Consiglio. Eppure l’elezione quest’anno del subentrant­e di John Noseda alla guida del Ministero pubblico avrebbe dovuto essere l’occasione per concludere almeno un capitolo dell’annunciata riforma: la ristruttur­azione della Procura. Lo scorso mese il nuovo pg ha rivisto, nel limite delle sue attuali competenze, l’assetto dell’ufficio: spostament­i interni e attribuzio­ni di responsabi­lità potrebbero tuttavia rivelarsi, in assenza di una visione a medio/lungo termine che soltanto ‘Giustizia 2018’ può dare, unicamente dei cerotti sul piano organizzat­ivo. Torniamo all’auspicio di Pagani: la politica “risponda presente quando viene interpella­ta per valutare”. Vediamo allora cosa – e quando – la politica risponderà alla richiesta del Ministero pubblico di un procurator­e straordina­rio per le indagini sui reati finanziari e di tre segretari giudiziari in più. Ancora una volta, lasciamoci stupire.

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