Vantaggio al Ticino
Intervista a Karin Rosser: ‘Qui si respira un’altra atmosfera e i giocatori apprezzano. Perfetta l’organizzazione.’
«Qui si respira un’atmosfera differente. Non soltanto tra i giovani; bensì anche tra allenatori e famiglie». Di campionati nazionali, estivi e invernali, Karin Rosser in quindici anni di impegno alla federazione svizzera ne ha visti molti. Quelli in Ticino – ci dice la responsabile del Dipartimento competizione a Swiss Tennis – hanno qualcosa in più. Non unicamente perché la regione «è davvero bella», aggiunge in ottimo italiano. Il Sud delle Alpi ha un vantaggio rispetto a Zurigo, Berna o dintorni. «Quando si gioca in località centrali, molti dopo le proprie partite rientrano a casa». Qui invece restano anche una settimana indipendentemente dal fatto che vincano o no. «È una bella esperienza. Chi giocò agli ultimi Svizzeri in Ticino, racconta che è stata l’esperienza più bella». Incontrata mentre è in visita ai tre club dove si sta svolgendo il Junior Champion Trophy, aveva già “testato” l’evento l’anno scorso. L’organizzazione – afferma – è «perfetta. Non capita spesso di vedere così tanti volontari che oltretutto parlano tre lingue».
Non si cerca il nuovo Federer
Per molti sportivi il campionato svizzero è un punto d’arrivo, perché sperano sia un trampolino. «Specie per i giocatori più forti c’è sempre un po’ di stress, perché sentono di dover arrivare a un certo stadio della competizione; così la tensione li porta spesso a giocare un po’ meno bene rispetto ad altri tornei. Ritengo che per tutti sia un’occasione di vivere una buona esperienza: se vogliono provare a essere i migliori non solo in Svizzera, devono imparare a gestire anche la pressione. In tal senso è fondamentale il comportamento dei genitori. Non va dimenticato che si parla di ragazzi. Credo che sia importante trasmettere loro che l’obiettivo, più del risultato, è riuscire a giocare bene. Anche se non è facile né per il giocatore, né per l’entourage». Tra i giovani impegnati a Bellinzona, Giubiasco e Locarno, chissà quanti sognano di ripercorrere le gesta dei grandi campioni; chi magari Federer (oro nazionale in
tutte le categorie giovanili), chi forse Wawrinka (mai titolato da junior), chi Nadal. «È giusto che a questa età si abbiano idoli; ma non so se qualcuno aspiri davvero a diventare come Roger Federer, perché è unico». Rincorrere un sogno perché no, dunque, ma per non rischiare disillusioni dolorose «è essenziale l’allenatore: lui, con la sua esperienza, può capire se e quanto lontano può arrivare un ragazzo o una ragazza». In questo discorso entra pure Swiss Tennis, che tra i vari ruoli ha quello di individuare chi ha il potenziale per andare lontano. Che non per forza è chi è già ai vertici delle classifiche nazionali o vince un titolo giovanile. «Le variabili che possono presentarsi in un percorso sportivo sono molte. Sull’arco dei sei-otto anni dall’U12 all’U18 può succedere di tutto, come il ‘classico’ infortunio.
Nell’adolescenza, peraltro, qualcuno cresce prima e qualcuno dopo; e il fisico può fare grande differenza. È dall’U16 o U18 che chi è in cima al ranking o vince un titolo nazionale, può pensare di avere qualche possibilità di divenire professionista. Ma la sicurezza non si ha mai». Così la Svizzera “di” Federer – pur avendo ottimi giovani, come un paio di U16 del livello del basilese a quella età – non può essere certa che tra i top al mondo ci sia sempre un rossocrociato. «Il nuovo Roger non ha vent’anni adesso. E comunque, pur se gli appassionati ce lo chiedono, non si tratta di trovare un futuro Federer. Occorre piuttosto lavorare con l’obiettivo di continuare ad avere buoni giocatori, come finora». Chissà che non sia una o uno dei quasi 500 giovani che si sfidano sotto il sole ticinese.