La Quickstep riprende i fuggitivi, e Gaviria non si fa pregare
Sprint doveva essere e sprint è stato. Ma c’è mancato davvero poco che la quarta tappa del Tour non consegnasse alla storia del ciclismo una nuova impresa. Quella di quattro impavidi ciclisti – i francesi Cousin e Perez e i belgi Clayes e Van Keirsbulck – che si mettono in testa di riuscire a condurre in porta una fuga iniziata addirittura al via, quindi duecento chilometri prima. Invece, un po’ per colpa del vento, che praticamente li respinge sull’interminabile vialone d’arrivo (dove i quattro arrivano ai tremila metri con una ventina di secondi di margine), un po’ perché in testa al plotone le altre squadre di velocisti si attivano, dando infine una mano alla Quickstep di Gaviria, quell’attacco un po’ incosciente finisce col colare a picco. E a quel punto entrano in scena gli sprinter: gli ultimi metri sono un testa a testa a tre, con il citato Gaviria che festeggia il suo secondo successo, piazzandosi nell’occasione davanti a Sagan e Greipel. «Abbiamo fatto un buon lavoro, e pur se non abbiamo ricevuto un gran sostegno dagli altri, siamo riusciti a neutralizzare la fuga», dice anche un po’ polemicamente il capitano della Quickstep, Philippe Gilbert. Ma, al di là di Sagan e Greipel, in una giornata in cui Greg van Avermaet è potuto restare al coperto, difendendo il primato senza problemi, il vero battuto nella quarta giornata della Grande Boucle è Ilnur Zakarin, rimasto coinvolto nella caduta che ha spezzato praticamente in due il plotone sul finire di tappa: il russo della Katusha, in corsa con l’ambizione di essere tra i protagonisti di questo Tour, è transitato sotto lo striscione d’arrivo con un minuto di ritardo rispetto ai migliori.