‘C’è parecchio interesse’
Roberto Bresolin assicura il tramite tra Swiss Tennis e gli allenatori e i genitori dei ‘quadri interregionali’ ticinesi e romandi
‘Responsabile interregionale’, con competenze estese al Ticino e alla Svizzera romanda. È l’incarico che Swiss Tennis ha assegnato a febbraio a Roberto Bresolin, 42 anni. Una lunga esperienza di allenatore (con diploma A di Swiss Tennis) tra i coach della Swiss Tennis Academy, Roberto è uno dei due tecnici federali (l’altro è il collega Berthold Hobi che si occupa della Svizzera tedesca) che fungono da tramite tra federtennis, allenatori e genitori, chiamati a sviluppare il nuovo concetto di sostegno a quelli che fino alla fine di luglio saranno ancora i giovani con livello ‘performance 1’, ma che da agosto diventeranno i nuovi quadri interregionali. «I giovani del livello ‘performance 1’ – spiega Bresolin – sono decentralizzati nei rispettivi club o centri di allenamento. Sono tra i migliori a livello nazionale, ma non fanno parte dei quadri nazionali, e finora erano gestiti dalle associazioni regionali. I contributi dati da Swiss Tennis alle regioni per il sostegno di questi giocatori, a partire da agosto li gestirà direttamente la stessa federazione svizzera. A questi fondi ne sono stati aggiunti altri per ottimizzare il sostegno ai giovani. Sono state create due posizioni nuove, la mia e quella del mio collega, con l’obiettivo di rendere più efficace e concreto l’appoggio di Swiss Tennis ai giovani tennisti svizzeri, rimpiazzando il vecchio concetto del livello di ‘performance 1’, appunto con la creazione dei quadri interregionali». Vi è quindi una presenza più marcata di Swiss Tennis nelle strutture decentralizzate. «I ragazzi possono beneficiare del sostegno della federazione, sotto forma di incontri con gli allenatori, raduni, competizioni a squadre. Per ricevere un contributo che è anche di ordine finanziario, gli allenatori devono presentarci i piani di lavoro settimanale dei ragazzi, quello semestrale degli
obiettivi, gli aspetti sui quali basano gli allenamenti». Il giovane, però, continua a lavorare nella propria struttura, sia club o centro d’allenamento, con il proprio allenatore. «Continua a essere un quadro decentralizzato. Organizziamo riunioni tecniche a cui sono convocati i ragazzi per allenamenti, valutazioni e test, per monitorare le diverse situazioni».
Grande disponibilità
Introducete un metodo? «Le nostre direttive sono diramate in base alla formazione che gli allenatori devono già avere, in quanto tecnici istruiti secondo i criteri di Swiss Tennis. La metodologia è un tema delicato. Naturalmente
ai ragazzi e ai coach sono state date linee guida alle quali devono attenersi, quali pianificazione e carico minimo di allenamento, impegno e costanza, disponibilità a rispettare gli impegni presi in qualità di sportivo d’élite. Un giovane incluso nel nostro quadro va inteso come un potenziale giocatore che, in futuro, potrà rappresentare la Svizzera nelle competizioni internazionali. Uno degli obiettivi è fare dei talenti di oggi i tennisti di domani. Vogliamo creare le basi per disporre, più avanti, del maggior numero di giocatori possibile». Quali riscontri, finora? «C’è parecchio interesse. Tutti gli allenatori con cui ho parlato sono contenti che la federazione sia più presente. Ho trovato disponibilità,
da parte di colleghi aperti a una collaborazione più stretta. Dopo aver dedicato molto tempo a questioni amministrative e organizzative relative alle selezioni, ai test, ai risultati, alle comunicazioni ai genitori, ora il lavoro diventa più interessante, poiché posso mettere le mie competenze in maniera più diretta a disposizione degli allenatori, in ambiti come quello della pianificazione degli allenamenti». Nei club, può accadere che un allenatore non abbia il tempo, né la disponibilità di campi, per seguire un giovane tanto quanto l’appartenenza ai quadri richiederebbe... «È uno dei limiti della mancanza di una struttura organizzata, è uno dei limiti con cui devono convivere i club, che hanno soci da accontentare e strutture limitate. Una soluzione sarebbe quella di inserirsi nel programma scolastico dei ragazzi, per sostituire, per esempio, un’ora di ginnastica con un’ora di tennis. Parliamo pur sempre di uno sportivo che fa molte ore di allenamento alla settimana ed è capace di aver una disciplina spesso superiore a un alunno che svolge una vita meno impegnativa. È però un discorso politico, culturale e sociale che non è evidente affrontare. In questo ambito, inoltre, si inserisce l’annosa questione di un centro di allenamenti cantonale – che in Ticino non c’è – per il quale, in passato, sono stati fatti dei tentativi, trovando ben più di un’opposizione».