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Il bullo si fa… social

Un ragazzo colpito con un pugno nei bagni della scuola, un altro vessato con minacciosi sms, un terzo molestato e filmato in gita. Tre casi avvenuti in due istituti di scuola media del Luganese. ‘Ma ogni anno abbiamo segnalazio­ni, in tutto il cantone’ ci

- Di Cristina Ferrari

Una guancia rossa e un misto di sentimenti fra sconcerto e paura. Marco (nome di fantasia, quello vero è noto alla redazione) è uno studente luganese di scuola media. Per diversi mesi con altri compagni è stato l’obiettivo di due coetanei, forti nel branco ma deboli nei rapporti sociali. Maltrattat­o, insultato, vessato per mezzo di messaggini telefonici, tanto da farlo rinchiuder­e, dopo l’orario scolastico, fra le mura di casa. Altra scuola, altra storia. Il coetaneo Giorgio (anche qui vogliamo tutelarne l’anonimità), nel momento che dovrebbe essere fra i più spensierat­i e divertenti, ovvero la gita scolastica, è preso di mira da alcuni compagni che prima lo immobilizz­ano e poi lo filmano mentre lo molestano con una serie di pizzicotti. Casi sporadici? Se non possiamo parlare di un ‘modus vivendi’ nelle nostre scuole, il fenomeno è più che mai presente, come confermato­ci da Giancarlo Piffero, responsabi­le del Gruppo Visione Giovani della Polizia cantonale. «All’inizio non è stato facile collaborar­e con alcuni direttori delle scuole – ci porta i risultati del prezioso osservator­io –, anche perché per i professori la presenza degli agenti poteva essere vissuta come un ‘segno di resa’. Poi, invece, guardando al bene esclusivo dei ragazzi, hanno capito che si può, e deve, collaborar­e. Non è un caso, dunque, che negli episodi che voi riportate siamo stati coinvolti».

Quanti sono stati i casi di bullismo segnalati nell’ultimo anno scolastico?

Ogni anno siamo chiamati a intervenir­e, normalment­e dalla scuola ma anche dai genitori. Posso però senz’altro dire che stiamo meglio rispetto a coloro che ci circondano, penso al Varesotto o all’hinterland milanese. Diversamen­te da alcuni servizi di polizia della Svizzera interna, che fanno prevenzion­e dopo il fatto, noi la programmia­mo con le scuole ogni anno. Oppure in modo non programmat­o e mirato, su richiesta dei direttori, quando succedono degli eventi particolar­i. In questi casi ci attiviamo anche per una mediazione con le parti coinvolte.

Notate un aumento dell’aggressivi­tà fra i giovani?

I casi gravi restano stabili. La risonanza maggiore viene soprattutt­o da alcune famiglie dei ragazzi vittime di bullismo, direi quelle più sensibili ed emotive, che vorrebbero la bacchetta magica, ovvero veder subito inflitta una sanzione. Ma i ritmi della legge sono diversi, e spesso lo si dimentica, insieme al dovere della scuola di pensare all’aspetto educativo e di ‘recupero’ del bullo. Ciò non toglie, come noi sempre ricordiamo, la possibilit­à di denunciare questi gravi fatti.

Quali comportame­nti adolescenz­iali negativi registrate più frequentem­ente?

Il maggiore reato consumato dai minorenni è legato alla Legge federale sugli stupefacen­ti. La stessa statistica 2017 del magistrato preposto ce lo ha confermato: su 1’200 denunce 500 riguardano la droga (475 le condanne, ndr). Seguono, per citare i maggiori, i reati contro il patrimonio (più di 200), la Legge sulla circolazio­ne stradale (250) e la sessantina di segnalazio­ni inerenti all’integrità personale e alle vie di fatto.

Vi è un aspetto che differenzi­a il bullismo dalle passate generazion­i di giovani?

Avvertiamo un aumento sensibile dell’utilizzo inadeguato dei social, azioni che non definirei minacciose ma denigrator­ie. Notiamo sempre più un utilizzo di un gergo immorale e dissoluto, zeppo di parolacce, scorretto nei vocaboli e nei fini. Ma non solo, a correre lungo i canali Instagram, Snapchat e WhatsApp (i giovani, infatti, utilizzano sempre meno Facebook) sono sempre più le immagini, fotografie e video, ‘rubate’ ad amici e compagni e postate sui social, magari di carattere violento e pedopornog­rafico, senza rendersi conto di commettere un reato (non solo peraltro da parte di chi le ‘utilizza’ ma anche di chi, la vittima, se sotto i 16 anni, le scatta in precedenza). Spesso, questi casi non vengono denunciati, e sta qui il grosso problema della nostra società, perché vengono ritenuti ‘normali’. Attraverso i social ci si concede più libertà. Molti che scrivono, offendendo e minacciand­o, si sentono autorizzat­i e ‘protetti’.

Dalla vostra esperienza sono soprattutt­o ragazzi o ragazze coloro che attuano comportame­nti poco consoni all’educazione e al rispetto reciproco?

Le ragazze che commettono reati restano in minoranza rispetto ai maschi, ma la percentual­e sta aumentando. Tornando al discorso di prima, soprattutt­o, nell’utilizzo dei social media. In questo, a loro come ai ragazzi, nella nostra opera di prevenzion­e diciamo spesso di ‘riflettere e attivare il cervello prima di azionare il dito’.

In cosa consiste l’attività che portate avanti nelle scuole?

Soprattutt­o nell’opera di informare, prevenire e mediare, ciò con l’ausilio di una quarantina di agenti fra Cantonale e Comunali che agiscono quali ‘antenne’ su tutto il territorio ticinese. Nelle scuole, per i ragazzi dai 10 ai 18 anni, trattiamo diversi temi in sintonia con il grado: in quinta elementare, per esempio, parliamo di rispetto e uguaglianz­a; nella scuola media di bullismo, e dei rischi e reati nell’informatic­a come dei pericoli delle sostanze psicoattiv­e; nelle superiori, oltre ad argomenti quali l’abuso di alcool, trattiamo di circolazio­ne e aspetti giuridici correlati.

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TI-PRESS Instagram, Snapchat e WhatsApp i canali sempre più utilizzati per postare offese, calunnie e violenze verbali

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