A teatro con Margherita Saltamacchia
Il personaggio / Margherita Saltamacchia, attrice e mamma, dalla Liguria al Ticino
Otto anni fa, da un giorno all’altro si è ritrovata in Ticino: nuova vita, nuova scena teatrale. Sorriso contagioso e passione bruciante, la conosciamo meglio.
Margherita Saltamacchia ha il sorriso contagioso di chi vede il lato luminoso di ogni cosa, esplorandolo, vivendolo, nutrendosene. È il tipo di giovane donna moderna che, mentre si barcamena fra tre figli, un marito e i vari impegni di attrice, ti dice che «la condizione di mamma è facilitante nelle scelte, proprio perché il tempo è molto prezioso. Devo scegliere ciò che mi interessa: quando ero più giovane accettavo ogni cosa pur di aggiungere una riga al curriculum, da quando sono mamma mi dico che non voglio spendere il mio tempo per qualcosa che non mi interessa. A lungo termine è un privilegio». Un privilegio. Così, nei giorni scorsi Margherita ha chiuso ogni serata di Territori. Lassù, nel ridotto della Torre Bianca aspettava quegli spettatori che, alle 23.15, salivano a Castelgrande per i suoi ‘Diari d’autrice’, con letture da Virginia Woolf, Silvia Plath, Katherine Mansfield e Marguerite Duras: «Era un po’ un esperimento, invitare la gente di notte a venirmi ad ascoltare... E invece c’è chi viene sempre, nonostante il freddo o la pioggia. Sembra un pellegrinaggio». Oggi, invece, sarà al Teatro San Biagio per ‘Storie di voci’, in cui insieme ad Anna Galante porta in scena il percorso di alcune donne svizzere verso il diritto di voto.
Una piattaforma libera
Nata a Rapallo, studi a Milano e laurea in drammaturgia teatrale («da qui la mia passione per i testi»), da 8 anni Margherita è in Ticino: «Ci hanno proposto il venerdì di trasferirci e il lunedì eravamo qui, senza conoscere niente». Dal suo osservatorio, che tipo di scena teatrale ha trovato? «Mi è subito parso molto ricca, a teatro e alla radio, c’è molto spazio». Margherita si è ritagliata in fretta il suo di spazio, fino alla serie di letture dal romanzo ticinese per eccellenza, ‘Il fondo del sacco’: «Una bellissima esperienza, la riproporremo anche a Cevio per i 40 anni dalla morte di Plinio Martini. Mi ci sono affezionata, mi ha ricordato i Malavoglia, uno dei miei testi preferiti». Oltre a quello di attrice, però, nella sua carriera c’è stato anche molto lavoro dietro le quinte, come assistente, sempre con un occhio particolare ai testi: «È un’esperienza che mi ha insegnato ad avere di più una visione d’insieme; spesso gli attori vedono solo la loro parte». Ritornando a Martini o ai Diari, non è riduttivo ridurre centinaia di pagine di letteratura in mezz’ora di lettura? «Sicuramente non ho la pretesa di raccontare Virginia Woolf né le altre scrittrici che ho portato a Territori. Sapevo di poter raccontare un piccolo aspetto di queste autrici, quello che mi ha colpito, cercando di restituire un dettaglio umano che potesse rappresentarle; in questo inevitabilmente c’è del mio». Qual è il valore di un festival di teatro, con questa formula, in una città come Bellinzona? «Io trovo che Territori sia un festival bellissimo, sia per promuovere spazi urbani in cui non si va spesso, sia come piattaforma di prova per me e per molti miei colleghi. È una piattaforma molto libera, in cui ci si possono scambiare delle idee e in cui si può sbagliare; non perché sia di minor valore, ma per la sua stessa formula aperta, che permette anche di seminare qualcosa che magari si raccoglierà nel corso dell’anno».
Una corsa stimolante
Dicevamo, mamma e attrice in Ticino: come si sta in entrambi i ruoli? «Io me la cavo... Mi piace vivere la vita pienamente, sia nel lavoro che in famiglia. Credo che non sia solo la quantità di tempo quella da dedicare ai figli, ma la qualità: quando ci sono, sanno che ci sono al 100 per 100. Poi, forse non sono una mamma tradizionale, ma loro sono abituati così fin dalla nascita... Se abitassi ancora a Milano credo che me la caverei molto peggio. Ma non è una questione di contesto, è proprio il mestiere dell’attrice: nessuno mi ha mai pagato la maternità, ho dei contratti a breve termine, non c’è mai la sicurezza del lavoro ma te lo devi guadagnare ogni giorno. È una corsa continua, ma stimolante». Appunto, perché ha scelto di fare l’attrice? «L’ho ipotizzato la prima volta tanti anni fa, a 12 anni, quando ho scelto la prima scuola di teatro. Ogni testo mi arricchisce, sento che mi serve investigare tutte queste storie. Poi, quando le dono al pubblico vedo come questo arricchimento diventi condivisione: è bello».