Un’altra nave, un altro no di Salvini
Roma – È già in acque italiane il peschereccio salpato dalla Libia con 450 migranti a bordo, e avvistato dapprima al largo di Malta, dove sembrava diretto. Acque pericolose, agitate dagli estremisti al governo, che non sapendo come governare, appunto, un fenomeno enormemente più grande di loro, suppongono che basti dire di no a fermarlo. Il capo della compagnia, Matteo Salvini, ha accusato La Valletta di non essere intervenuta mentre l’imbarcazione era ancora nelle acque di cui è responsabile, intimando alle autorità maltesi di far sbarcare i migranti nei loro porti. Ma quelle non ci hanno sentito, e la barca ha ripreso la rotta per l’Italia. Salvini ha aperto il fronte: “Malta si era fatta carico di intervenire ma nessuno si è mosso”, ha attaccato. In ogni caso, ha avvertito, per il barcone i porti italiani sono chiusi. Posizione cui si è associato l’ineffabile grillino Danilo Toninelli: “Malta faccia il suo dovere, apra il suo porto”, ha incalzato il ministro dei Trasporti, seminando il terrore sull’isola. Così il povero Salvini, con ancora un diavolo per capello (ma sono di più quelli di Toninelli) dopo aver subito il diktat del presidente Mattarella di far sbarcare a Trapani i migranti della nave Diciotti, vede di nuovo irrisa la propria autorappresentazione di uomo forte. Da quell’isoletta più piccola della provincia di Sondrio, non è arrivata nemmeno una parola di comprensione. Anzi, in risposta alla lettera di protesta inviata dal ministero italiano degli Esteri, La Valletta ha alzato il muro: “Malta ha soddisfatto tutti gli obblighi previsti dalle convenzioni internazionali”. D’altronde, secondo i maltesi, il barcone voleva andare in Italia, era “in alto mare, noi non avevamo autorità per dargli istruzioni”. Quindi si sono solo limitati a monitorare se necessitasse aiuto, mentre la nave entrava nelle acque italiane. Senza garanzia di potevi restare, e meno ancora di poter sbarcare i migranti che trasporta. Prende così corpo una nuova disputa nelle acque del Mediterraneo. A metà giugno la nave Lifeline, con 230 migranti a bordo, era stata lasciata in mare aperto per quasi una settimana per il rifiuto italiano di farla entrare in un suo porto. Alla fine era approdata a Malta, dopo che nove Paesi Ue avevano accettato di accogliere una quota dei migranti. Solo che stavolta non si tratta di una nave ben attrezzata di qualche Ong, in grado di tenere il mare per giorni, ma di un peschereccio scalcinato e sovraccarico.