Condannato il ‘branco’ di rapinatori
«Non hanno esitato a recarsi nelle abitazioni delle vittime» per mettere a segno i loro colpi: ovvero rapinare presunti spacciatori alla ricerca di stupefacente da consumare o eventualmente rivendere per farci qualche soldo. Hanno agito con particolare «egoismo, antecedente i propri bisogni a quelli di terzi» commettendo, di fatto, uno dei reati più «odiosi», le rapine. Perché di rapine, alla fine si è trattato. È con queste parole che il presidente della Corte delle assise criminali di Mendrisio, il giudice Amos Pagnamenta, ha esordito nella lettura della sentenza nei confronti dei quattro imputati colpevoli d’aver rapinato, a Chiasso, presunti spacciatori tra la fine del 2017 e i primi giorni di gennaio dell’anno in corso (vedi ‘laRegione’ di ieri). Ragazzi tra i 19 e i 29 (un quinto, minorenne, è già stato condannato), al beneficio dell’assistenza, senza un lavoro e dediti al consumo di erba e alcool. «Con abitudini distruttive» aveva ricordato durante la requisitoria la procuratrice pubblica Margherita Lanzillo, aggiungendo che ci si trovava di fronte a «uno spaccato squallido della nostra società». Ieri, come detto, la Corte ha condannato i quattro uomini, riconoscendoli colpevoli dei reati di rapina, coazione e infrazione alla Legge federale sugli stupefacenti. La posizione più ‘complicata’, a conti fatti, è risultata essere quella del 21 enne difeso dall’avvocato Davide Fagetti, condannato a 15 mesi di detenzione interamente da espiare. Oltre alla «propensione a delinquere» su lui ha pesato il fatto che «con allarmante regolarità si è trovato a fare i conti con la giustizia». Da qui anche la decisione della Corte di revocare la sospensione condizionale di una pena precedente a 16 mesi di carcere. Sedici mesi parzialmente sospesi (otto sono da espiare) è invece la condanna inflitta al 29enne, patrocinato dall’avvocato Benedetta Noli. Nei confronti dell’uomo è stata inoltre ordinata l’assistenza riabilitativa una volta che sarà uscito di prigione. Sei mesi interamente sospesi (per un periodo di prova di due anni) è quanto inflitto agli ultimi due, un 19enne e un 26enne rappresentati dall’MLaw Christopher Jackson e dall’avvocato Andrea Rigamonti. Quest’ultimo, di nazionalità Algerina, ha inoltre potuto evitare l’espulsione. La Corte ha infatti applicato il ‘caso di rigore’ in considerazione degli interessi dell’uomo (gli affetti sono in Svizzera) e per il fatto che la nazione d’origine, per motivi politici, non è intenzionata ad accogliere la famiglia. Per tutti ha giocato a loro favore la giovane età, la situazione personale e una lieve scemata imputabilità. SLI