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Nole rimette le cose a posto ‘Non è stato facile’

Tredicesim­o Slam in carriera e quarto a Wimbledon per Djokovic, tornato al successo dopo due anni tribolati

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Dopo due anni di infortuni e sconfitte, Novak Djokovic è tornato. Al termine di una finale condiziona­ta dalle precarie condizioni fisiche del suo avversario, il serbo ha vinto il torneo di Wimbledon per la quarta volta in carriera. Nole ha dominato l’atto conclusivo della 132ª edizione dei Championsh­ips di Londra: 6-2 6-2 7-6 il risultato. Reduce da due estenuanti maratone, contro Roger Federer e John Isner, costretto nelle ultime settimane a calpestare la nobile erba londinese per ventidue ore, Anderson è capitolato ancor prima di scendere in campo. Consegnand­o a Djokovic lo Slam numero 13, 770 giorni dopo l’ultimo, il Roland Garros del 2016.

Terzo set equilibrat­o

A senso unico, i primi due set. Per chiudere la prima frazione il serbo ha impiegato meno di mezz’ora. Un po’ più lunga la seconda, per la resistenza un tantino più strenua ma mai convinta del sudafrican­o. Solo nel terzo, finalmente, nella disperazio­ne per un punteggio ormai compromess­o le energie nervose per alzare il livello del suo tennis, fin lì scoraggian­te, e giocare alla pari. Ma era ormai troppo tardi. Sprecando le cinque palle di set che ha avuto sulla racchetta per trascinare l’incontro al quarto set, si è condannato alla sconfitta. Di una finale, nel suo complesso, povera di qualità e spettacolo. Proprio per la disparità di valori in campo. Solo 46 vincenti tra i due (uno in più degli errori gratuiti), con Anderson incapace di trasformar­e anche una sola delle sette pallebreak della partita. Difficile, comunque, immaginare un diverso esito della contesa, perché il Djokovic attuale è un parente stretto del campione di due stagioni fa.

‘Non sono stati mesi facili’

«Oggi è facile parlare degli ultimi due anni – ha commentato il serbo – . Quello che ho imparato è che devo sempre credere in me stesso, nel processo che sto seguendo. Non sono stati mesi facili, ho dovuto affrontare un brutto infortunio e un’operazione chirurgica. In tanti momenti ho dubitato, non sapevo se sarei tornato a questi livelli. È bello esserci riuscito qui. Questo stadio è un posto sacro per il tennis. Ho avuto il privilegio di giocare cinque finali qui, ma questa – con mio figlio che mi guarda dalla tribuna – mi rende particolar­mente orgoglioso». A 31 anni sembra iniziare una nuova stagione per Djokovic. Chissà, viceversa, se avrà altre simili occasioni Anderson, più rassegnato che deluso per la sconfitta. «Non voglio cercare scuse – ha spiegato il gigante sudafrican­o, giustizier­e di Federer nei quarti –, Nole ha pienamente meritato il titolo. A me restano comunque due settimane fantastich­e. il Sudafrica ha una grande tradizione nel tennis, magari non negli ultimi anni. Ma è fantastico vedere la nostra bandiera in alto, in questo club. Spero che tra 20 anni un giovane del mio Paese vinca qui, e magari si ricordi di me, per essere stato fonte di ispirazion­e».

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KEYSTONE ‘Ciò che ho imparato è che devo sempre credere in me stesso’

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