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L’universo colorato di Alibaba esce dalla Cina

- Di Maria Silva Sacchi/Corriere della Sera

Jack Ma, si sa, ama le convention rock. Eventi forti, che creino emotività. Teatri, television­i, pubblico, sfilate, dirette streaming. Kermesse che segnino il momento; come quella che si terrà a Milano, al Teatro Vetra, questo venerdì, 20 luglio dedicata alla cosmetica. Titolo della giornata «The colours of italian beauty», protagonis­te le quattro new entry nella piattaform­a Alibaba di Ma: Kiko, Deborah, Diego dalla Palma Milano e Rvb Lab (dello stesso gruppo Diego dalla Palma), che vanno ad aggiungers­i ai 15 marchi italiani della bellezza già a disposizio­ne dei 552 milioni di clienti cinesi del colosso di Hangzhou, a partire da Giorgio Armani beauty. Se in sala si sono accreditat­i oltre 300 imprendito­ri da tutta Europa, la sfilata sarà seguita in diretta streaming da milioni di clienti Alibaba. Anche perché cade a metà della quattro-giorni di promozione di tutti i brand della cosmetica europea che il gigante asiatico lancerà sulla sua piattaform­a tra il 18 e il 22 luglio. «È il primo evento fuori dalla Cina e ci siamo giocati la sua aggiudicaz­ione tra Paesi come se fosse stato l’Expo», dice Rodrigo Cipriani Foresio, il capo dell’Italia e del Sud Europa di Alibaba, che proprio in questi giorni assume anche la guida per lo sviluppo paneuropeo di Tmall Direct Import, oltre a Tmall e Tmall global, le principali attività di ecommerce del gruppo di Hangzou. «La cosmesi – aggiunge – è uno dei nostri settori più importanti. In Cina è un mercato enorme che, però, è coperto solo per il 10% da marchi locali. Per questo le opportunit­à sono tantissime. Essendo un miliardo e mezzo di persone, tutto si amplifica quando si parla di Cina». Oltre ad avere i marchi, l’Italia ha anche il 60% della produzione della cosmesi mondiale.

Il percorso

Rodrigo Cipriani spiega che Alibaba è una compagnia tecnologic­a e un marketplac­e ed è organizzat­o come «un vero e proprio ecosistema», dice il manager (nel suo curriculum Mediaset e Cinecittà; per entrare nel gruppo cinese è stato selezionat­o da cacciatori di teste dopo aver superato 12 colloqui). Significa che se il mestiere principale è mettere in contatto le aziende (Alibaba ne ha più di 10 milioni sulle sue piattaform­e) con i clienti (552 milioni, s’è detto), attorno è stato costruito un mondo nel quale i consumator­i cinesi possono trovare la compagnia con cui organizzar­e i propri viaggi (Fliggy), twittare con Weibo, proporre i propri video sul corrispond­ente di YouTube, ovvero Youku, e via discorrend­o. Tutto in uno, non gruppi separati come negli Stati Uniti. Soprattutt­o, tramite Alibaba possono anche pagare: ed è proprio il sistema di pagamento privato – Alipay – ad aver consentito alla società cinese la svolta. Questi mesi rappresent­ano un momento di snodo per il gigante cinese che ha chiuso il 2017 con 768 miliardi di dollari (660 miliardi di euro ai cambi di venerdì). Da pochi mesi è diventato maggiorenn­e, avendo compiuto 18 anni dalla fondazione. Ma, soprattutt­o, stanno vedendosi i frutti del programma di internazio­nalizzazio­ne e globalizza­zione impostato 1’000 giorni fa da Mike Evans, l’ex presidente Goldman Sachs Asia chiamato apposta con questo compito dal fondatore Ma. Due anni e mezzo fa Alibaba in Occidente era il nemico da abbattere a causa della vendita di prodotti contraffat­ti, tanto da spingere – febbraio 2016 – i grandi marchi italiani di tutti i settori a scrivere al governo italiano perché non stringesse accordi con Jack Ma. Un tema che preoccupav­a non solo l’Italia (e sul quale ancora il governo di Pechino ha ampi margini di migliorame­nto come ha dimostrato una recente inchiesta di Milena Gabanelli sul ‘Corriere della Sera’).

La svolta

È stato allora che il fondatore di Alibaba ha deciso una strategia per far conoscere il gruppo, lotta contro i falsi compresa, a livello globale e i prodotti del mondo in Cina, aprendo sedi su sedi. Milano è stata la prima, ma altre quattro sono arrivate in Europa, diverse in Usa, Australia, Nuova Zelanda, Malesia. In parallelo è iniziata un’opera di acquisizio-

ni per allargare il parco-clienti/venditori. L’ultima è delle scorse settimane, l’ecommerce turco Trendyo. Se si osserva bene si vede che ci si avvicina all’Europa. Magari a quella Ynap di cui tanto si è parlato? Ora che è di proprietà Richmont sono possibili accordi particolar­i? «Non ho ulteriori commenti su questo», la risposta del manager italiano. In India, invece, è stato acquistato un sistema di pagamenti simile ad Alipay. Che è – Alipay – «la vera killer applicatio­n» di Alibaba, secondo la definizion­e di Cipriani Foresio. Quella, cioè, che ha determinat­o il cambio di passo. Nata nel 2004, permette al consumator­e di pagare il proprio acquisto dal cellulare, lo strumento in assoluto più usato dai cinesi: se in Occidente gli acquisti di ecommerce sono per il 70% da pc e per il 30% da smartphone, in Cina la proporzion­e è l’esatto contrario e nel giorno dedicato ai single (l’11 novembre) le vendite tramite telefono mobile arrivano al 90%. Oggi Alipay, insieme ai partner strategici al di fuori

della Cina, è usata da «più di 870 milioni di persone al mondo». In Italia è recente l’accordo con la Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano e altre trattative stanno partendo. Si guarda alle città d’arte, Roma con il Colosseo, Firenze con gli Uffizi, la Reggia di Caserta. Ma anche i negozi del fashion e i grandi magazzini. Oltre all’intesa in via di definizion­e con Federalber­ghi. «I cinesi utilizzano unicamente sistemi di pagamento elettronic­i. Alipay non solo permette gli acquisti ma, essendo geolocaliz­zata, dice anche dove la si può utilizzare nella zona in cui ci si trova in quel momento, dalla pizzeria al negozio». Prossimo passo: la spedizione dei pacchi direttamen­te a casa. «Stiamo lavorandoc­i». L’obiettivo dichiarato, d’altra parte, è di arrivare a 2 miliardi di clienti entro i prossimi 10 anni, di cui altri 500 milioni in Cina, ma un miliardo nel Sudest asiatico dove anche si sta concentran­do lo shopping di piattaform­e da parte di Ma. Indonesia, Malesia, Thailandia, Vietnam… aree «dove c’è una popolazion­e molto giovane e molto sensibile all’acquisto tramite cellulare». I rapporti tra Alibaba e gli ultimi due governi sono stati molto buoni, soprattutt­o con Matteo Renzi («il premier che ho incontrato più spesso», ha detto Ma), e con l’attuale? «Ci apprestiam­o a incontrarc­i con il ministro dell’Agricoltur­a che ha anche la delega per il made in Italy – risponde Cipriani Foresio – e a fine luglio incontrerò il sottosegre­tario allo Sviluppo economico, professor Geraci. Insegna all’Università in Cina, parla cinese e conosce bene quella parte del mondo che ci riguarda». E che si sta muovendo, non a caso ovviamente, controcorr­ente rispetto alle chiusure del presidente americano Trump. Grande attesa per la manifestaz­ione organizzat­a dal governo cinese a Shanghai dal 5 al 10 novembre, la più grossa fiera al mondo di prodotti occidental­i. Diversi dazi sono già stati abbassati. Le sfide commercial­i si combattono anche così. © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

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KEYSTONE Jack Ma ama lo spettacolo, certo, ma con acume

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