laRegione

Una mano dagli uni, accuse dagli altri

Germania e altri Paesi pronti a ospitare 50 migranti. Il premier ceco: è la strada per l’inferno.

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Roma – La ‘vecchia’ Europa appoggia l’Italia sui migranti, mentre i Paesi di Visegrad, alleati in teoria della linea dura sugli sbarchi propugnata da Matteo Salvini, la accusano di “aprire la strada per l’inferno”. Il premier Giuseppe Conte, dopo il sì di Malta e Francia, è riuscito ad incassare la solidariet­à del Paese che più conta in Europa: la Germania. Che indubbiame­nte ha dato la linea: poche ore dopo sono arrivate anche le adesioni di Spagna e Portogallo. Tutti pronti ad accogliere 50 dei 450 migranti che si trovano a bordo di una nave della Guardia di Finanza e una di Frontex ormeggiate in rada a Pozzallo. Ma contro la linea italiana, oltre al silenzio dell’Austria, si sono scagliati i Paesi dell’Est, in primis Ungheria e Repubblica Ceca. “Ho ricevuto la lettera del premier italiano Conte in cui chiede all’Ue di occuparsi di una parte delle 450 persone ora in mare – ha scritto su Twitter il premier ceco Andrej Babis –. Un tale approccio è la strada per l’inferno”. A Babis ha risposto il presidente della Camera Roberto Fico, che è tornato a chiedere che venga «sanzionato pesantemen­te» chi non accetta le quote ed ha assicurato che «la strada per l’inferno», al contrario, «è non saper accogliere tutti insieme in un’ottica di solidariet­à». Conte invece tira dritto, consapevol­e di essere riuscito ad invertire una rotta piuttosto pasticciat­a e, forse, troppo urlata, trasforman­dola in strategia diplomatic­a. “Questa è la solidariet­à e la responsabi­lità che abbiamo sempre chiesto all’Europa e che ora, dopo i risultati ottenuti all’ultimo Consiglio europeo, stanno cominciand­o a diventare realtà”, ha esultato su Twitter. Sua, secondo quanto fanno trapelare fonti da Palazzo Chigi, è stata l’iniziativa che ha portato allo sbarco a Pozzallo di 50 tra donne e bambini. Obiettivo del governo: evitare di aprire un contenzios­o con Bruxelles ad ogni nave in arrivo, cercando di elaborare un sistema che possa partire in automatico. La strada è ancora lunga, ma certo la risposta dei grandi Paesi europei è un buon punto di partenza. Che serve anche a riequilibr­are il lavoro su un dossier che era diventato appannaggi­o unico del ministro dell’Interno. E a dimostrare che la diplomazia paga.

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KEYSTONE In cerca di un paradiso

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