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La nuda verità

- Di Elda Pianezzi, scrittrice

Qualche settimana fa la direzione del liceo di Langenthal nel Canton Berna ha inviato alle alunne un foglio informativ­o che mostrava l’abbigliame­nto corretto da scegliere per la scuola: niente top senza spalline, niente trasparenz­e, niente magliette corte e niente hot pants. Per gli alunni maschi non c’è invece stata alcuna informazio­ne simile: possono vestirsi come vogliono. La disparità di trattament­o non è piaciuta alle ragazze, che hanno protestato, parlando di discrimina­zione e facendo notare come il foglio, preso da internet, in origine contenesse anche una parte di consigli rivolta ai ragazzi (…)

Segue dalla Prima (...) che tematizzav­a le canotte troppo sbracciate e le scritte razziste o volgari. La direttrice dell’istituto ha spiegato che l’informazio­ne è stata inviata solo alle ragazze perché le si vuole invitare a riflettere sul proprio abbigliame­nto. Secondo lei è giusto che le giovani donne chiedano di essere rispettate indipenden­temente dall’ampiezza della loro scollatura, ma purtroppo non possono aspettarsi che ovunque nella società ciò succeda poi davvero. La questione riguarda dunque le molestie contro le donne, un tema ampiamente trattato dai media negli ultimi tempi. Siamo alla spinosa questione di sempre: quanto può mostrarsi una donna per non rischiare di subire violenze e abusi? Purtroppo in una società fortemente sessualizz­ata le scelte in fatto di moda non sono sempre di buon gusto. Per mancanza di esperienza le ragazze tendono a esagerare, a scoprirsi troppo e a confondere la sensualità con la volgarità. Per frenare questa tendenza e l’acquisto di capi di marca troppo cari, nel 2007 a Basilea in una scuola di riqualific­azione profession­ale si sperimentò l’introduzio­ne di un’uniforme. Il progetto naufragò dopo poco tempo perché i vestiti non piacevano. Da allora in Svizzera non sono più stati fatti tentativi simili. Sono però molte le scuole ad avere un codice d’abbigliame­nto; in particolar­e una in Argovia, che alle ragazze troppo svestite fa indossare speciali t-shirt di taglia XXL, un provvedime­nto che le scoraggia a ricadere “in errore”. Ma davvero le ragazze sbagliano? Secondo la giornalist­a esperta di tematiche familiari Michèl Biswanger, che ha commentato il caso, quando si è giovani si vuole sperimenta­re, anche con il proprio corpo, e non sempre si comprende la reazione che si provoca negli altri. La giornalist­a non ritiene che si debba attribuire la colpa di possibili violenze ai vestiti delle vittime, ma degli effetti essi comunque li creano, a volte anche indesidera­ti. Secondo lei le scuole, in quanto luoghi di insegnamen­to, e non solo di nozioni ma anche di comportame­nti, fanno bene a emettere delle regole. Su quest’ultimo punto non si può che concordare, ma è anche vero che non bisognereb­be limitarsi a castigare le femmine, ma ampliare l’offerta e coinvolger­e anche i maschi trasmetten­do loro il rispetto e la consideraz­ione verso gli altri. Perché la responsabi­lità non deve ricadere solo sulle donne, altrimenti diamo ragione ai sessisti retrogradi.

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