Harvard: per ogni immigrato reale ne percepiamo tre
Un’ostilità verso gli immigrati fondata sull’ignoranza; un’ignoranza che non si è disposti a correggere. È questa, in estrema sintesi, la conclusione cui giunge il recente sondaggio condotto da tre economisti di Harvard (Alberto Alesina, Armando Miano, Stefanie Stantcheva, ‘Immigration and Redistribution’). Lo studio si basa su un campione di 22’500 ‘nativi’ in Francia, Germania, Italia, Regno Unito, Stati Uniti e Svezia, ed esplora la correlazione fra immigrazione percepita e sostegno a politiche di tipo ridistributivo (welfare). Quella che emerge è un’enorme distorsione della realtà. Distorsione (bias) e non semplice errore: perché su tutta una serie di variabili – numero, origine, cultura, integrabilità e propensione al lavoro degli immigrati – il pregiudizio risulta solo e invariabilmente negativo. “Per ogni ‘vero’ immigrato – commenta Alesina – i nativi ne vedono tre”; anche il credo religioso di tali immigrati risulta deformato (i musulmani in realtà sono una minoranza) e si pensa che siano “più poveri, meno istruiti e più disoccupati di quanto siano in realtà” (vedi infografica). La percezione errata “risulta sistematicamente maggiore fra le persone di destra, quelle senza un titolo di studio universitario e i lavoratori poco qualificati impiegati in settori che accolgono alte concentrazioni di immigrati” (chiaramente definiti come “persone legalmente residenti nel paese, ma nate altrove”). Tuttavia il ‘bias’ persiste, in misura solo leggermente minore, per qualsiasi “fascia di reddito, età, genere, istruzione, affiliazione politica e settore lavorativo”. Prevedibilmente, “date le opinioni molto negative che gli intervistati hanno degli immigrati”, si tende anche “a supportare una minore ridistribuzione, incluse le donazioni a enti benefici”. Solo se vengono fornite reali informazioni sul ‘duro lavoro’ degli immigrati questo supporto migliora un po’. Così come migliora fra persone che conoscono personalmente immigrati, anche se lo stesso non si può dire di chi vive in aree che ne ospitano un’elevata concentrazione. In generale, “anche quando le persone sono spinte a riflettere in dettaglio sulle caratteristiche degli immigrati, nessuno di questi approcci informativi privilegiati riesce a correggere il precedente atteggiamento negativo”. Come dire: non sarà la realtà a farmi cambiare idea. Conclusione, scontata ma terribile: “Molto del dibattito politico sull’immigrazione avviene in un mondo di disinformazione”. L.E.