Officine, scenario (quasi) utopico
Negli scorsi giorni il Consiglio di Stato e il Municipio di Bellinzona hanno licenziato i messaggi con i quali chiedono 100, rispettivamente 20 milioni di franchi da versare alle Ffs Sa per la realizzazione delle nuove officine a Castione. In autunno la decisione sarà sottoposta al Gran Consiglio e al Consiglio comunale. Questa proposta non è condivisa da tutti: il personale e i sindacati, ad esempio, sostengono altre soluzioni. Con questo scritto non intendiamo però entrare nel merito di questo dibattito. Vogliamo invece confrontare la proposta delle Ffs con lo scenario che avremmo potuto avere (...)
Segue dalla Prima (...) se le stesse non fossero state trasformate in società anonima (1998), con il conseguente obiettivo di cedere alle lobby finanziarie i settori redditizi e, con quello che rimane, di realizzare utili, come sta succedendo anche alla Posta. In altri termini, se le Ffs fossero ancora una regia federale e la Confederazione avesse ancora l’obiettivo di fornire un servizio pubblico rispettoso dei cittadini, del territorio e degli interessi della comunità. Vediamo.
L’ubicazione
Primo. L’ubicazione. Tenuto conto che l’ubicazione attuale non è idonea ai treni di nuova generazione bisogna trovare un’altra soluzione. Se si fosse quindi tenuto conto del territorio la scelta sarebbe certamente caduta sul sedime della ex Monteforno, come ha ribadito ancora recentemente il sindaco di Bodio, Stefano Imelli. I centri e le loro immediate periferie sono già affollati da tanti insediamenti (anche se spesso inutili come i grandi centri commerciali). Molte zone periferiche soffrono invece di una penuria di posti di lavoro qualificati. L’insediamento delle officine a Giornico/Bodio avrebbe portato una boccata di ossigeno salutare alle nostre Valli, non sempre adeguatamente considerate dalla politica e tantomeno dall’economia. Aspetti finanziari, hanno dichiarato le Ffs, hanno fatto scegliere Castione, anche se ciò, oltre a tutto, comporta il sacrificio di 90’000 metri quadrati di terreno agricolo.
Ipotesi lavoro
Secondo. I posti di lavoro. Le nuove Officine avrebbero potuto garantire i posti di lavoro attuali (circa 400). Lo avrebbero fatto a lungo termine poiché le Ffs, come regia federale competente per il traffico ferroviario nel nostro Paese, avrebbero provveduto attraverso sue proprie aziende alla manutenzione dei propri treni, come hanno fatto egregiamente per 96 anni. La scelta delle Ffs Sa è diversa. Garantirebbero solo circa 200 posti di lavoro, la metà di quelli attuali. Nei documenti si assicura che l’attività sarebbe garantita a lungo termine. Un’affermazione un po’ azzardata. La “strategia 2030” della Confederazione prevede infatti la liberalizzazione (privatizzazione parziale) del traffico ferroviario passeggeri (quello delle merci è già in corso). Se ciò dovesse realizzarsi, le aziende private che avessero ottenuto gli appalti potrebbero scegliere di svolgere le attività di manutenzione in qualsiasi altro luogo, anche in Polonia, dove i costi sarebbero evidentemente inferiori. Le officine rimarrebbero in Ticino, ma il lavoro altrove.
Il sedime
Terzo. Il sedime. Tutto il sedime, ceduto in passato gratuitamente dal patriziato alle Ffs, verrebbe restituito, come sarebbe logico, ai precedenti proprietari o alla Città. Sarebbe un’opportunità unica per la Città per la realizzazione di un nuovo quartiere, un nuovo luogo di incontro e di aggregazione, come hanno saputo fare a Losanna con la trasformazione del Flon, un vecchio quartiere di baraccopoli. Il progetto delle Ffs prevede invece che parte del sedime sarà ceduto all’Immobiliare Ffs Sa la quale, malgrado qualche limite imposto dal piano regolatore, farà di tutto per renderlo il più possibile redditizio dal profilo finanziario. Il rischio è concreto di vederlo riempito di palazzi. L’Immobiliare Ffs Sa svolge un’attività speculativa ed è una componente importante nel bilancio delle Ffs: nel 2017 ha realizzato un utile di 434 milioni di franchi, permettendo alle Ffs di chiudere i conti con una maggiore entrata di 399 milioni.
Cantone e città
Quarto. Il Cantone e la Città non dovrebbero spendere nulla. Le Ffs chiedono invece un contributo importante al Cantone e alla Città per mantenere (provvisoriamente) una parte dell’attività al Sud della Alpi. Ciò è in manifesto contrasto con i principi più elementari della solidarietà confederale, secondo i quali la Confederazione dovrebbe vigilare affinché in tutte le ragioni del Paese sussistano condizioni di lavoro e di vita adeguate. In conclusione, se le Ffs fossero ancora una regia federale, ossia un servizio pubblico, la realizzazione delle nuove officine costituirebbe un’opportunità di sviluppo per le nostre Valli, manterrebbe in Ticino l’integralità dei posti di lavoro, sia nell’immediato, sia nel futuro e permetterebbe alla Città il ricupero di un prezioso territorio. Cantone e Città avrebbero pure risparmiato 120 milioni. Ma così non è, almeno per il momento.