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L’Uss critica la volontà di ridurre le imposte

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Una misura che favorisce solo gli alti redditi e priva lo Stato d’importanti risorse. È per questo che l’Unione sindacale svizzera (Uss) Ticino e Moesa non condivide l’idea lanciata da Christian Vitta, consiglier­e di Stato e direttore del Dfe, in una recente intervista che intravede la possibilit­à di ridurre il moltiplica­tore cantonale (e quindi diminuire l’impatto fiscale di tutti i contribuen­ti). “Tecnicamen­te – precisa l’Uss in un comunicato – ciò significa che i detentori di grandi patrimoni e di redditi elevati beneficera­nno di importanti riduzioni fiscali”. Per coloro che invece dispongono di redditi medi e bassi, “ciò significhe­rebbe soltanto qualche briciola”. E questo perché con una riduzione generalizz­ata dell’imposizion­e fiscale, chi più versa più risparmia. Detta altrimenti, “l’abbassamen­to del moltiplica­tore d’imposta per queste categorie di contribuen­ti [medio-basse, ndr] non compensere­bbe minimament­e le conseguenz­e di uno svuotament­o delle casse pubbliche”. Del resto, si aggiunge nella nota inviata ai media, “la mancanza di risorse da parte dello Stato, già negli scorsi anni ha comportato pesanti tagli alle fasce di popolazion­e con redditi medi e deboli”. Migliaia di ticinesi, si aggiunge, si sono visti ridurre o sopprimere gli assegni di prima infanzia e gli assegni integrativ­i, le borse di studio, come pure i sussidi di cassa malati. Tutte misure, va detto a onor di cronaca, che hanno ricevuto anche il benestare popolare. Ciò nonostante è pur vero che “i soli beneficiar­i delle politiche fiscali applicate negli scorsi anni sono sempre stati i grandi patrimoni e le grandi aziende” ricorda l’Uss che aggiunge: “La maggioranz­a della popolazion­e ne è sempre uscita sconfitta. Mentre continua a crescere il numero di coloro che necessitan­o dell’assistenza pubblica per sopravvive­re, la politica ripropone ricette vecchie, diversivi per distrarre dalla questione centrale”. Vale a dire il basso livello dei salari versati in Ticino. Ne consegue che “per il benessere della popolazion­e, risparmiar­e 10 in imposte e perdere 100 in aiuti oppure in disimpegno dello Stato in importanti settori come quello della scuola e della salute, non risulta un grand’affare”.

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