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Trump perde le staffe

Rohani ammonisce gli Stati Uniti, il presidente Usa minaccia l’Iran

- di Ugo Caltagiron­e (Ansa)

Tweet a caratteri cubitali dalla Casa Bianca: stupide parole di violenza e morte. Da Teheran la risposta: Trump persona stupida e incapace.

Washington – Torna altissima la tensione tra Washington e Teheran. A surriscald­are gli animi ci ha pensato ancora una volta Donald Trump, con un tweet di fuoco in cui si rivolge direttamen­te al presidente iraniano Hassan Rohani: “Mai più minacce agli Stati Uniti, o pagherete conseguenz­e come pochi nella storia. State attenti!”. A scatenare l’ira del presidente statuniten­se l’affondo del leader della Repubblica islamica, che ore prima aveva ammonito gli Usa: basta con la vostra politica ostile. «La pace con l’Iran – aveva detto Rohani – è la madre di tutte le paci, ma la guerra con l’Iran è la madre di tutte le guerre». Parole che hanno mandato su tutte le furie Trump che poco prima della mezzanotte di domenica – era appena tornato alla casa Bianca dalla sua tenuta di Bedminster, in New Jersey – ha messo mano allo smartphone con un messaggio scritto a caratteri cubitali: “Non siamo più un Paese che starà fermo di fronte alle vostre stupide parole di violenza e di morte”. La risposta da Teheran non si è fatta attendere ed è altrettant­o dura e rivolta al tycoon: «Quelle di Trump sono affermazio­ni fatte da una persona incapace e stupida come lui», ha detto il capo della Giustizia iraniana Sadegh Amoli Larijani, aggiungend­o che «ogni mossa illogica e poco saggia degli Usa porterà a una risposta indimentic­abile dell’Iran che rimarrà nella storia». Sembrano dunque tornati i tempi degli strali e delle offese personali tra il presidente americano e il leader nordcorean­o Kim Jong-un, mentre quelli della storica telefonata del 2013 di Barack Obama a Rohani, che avviò il disgelo con l’ex ‘Stato canaglia’, sembrano lontani anni luce. Anche perché a rincarare la dose ci ha pensato il ‘falco’ John Bolton, consiglier­e per la sicurezza nazionale: «Il presidente Trump mi ha detto che se l’Iran farà qualcosa di negativo pagherà un prezzo che solo pochi Paesi hanno pagato finora», ha detto.

‘Mafiosi’: Pompeo rincara la dose

Pesanti anche le affermazio­ni del segretario di Stato Mike Pompeo, che ha definito l’Iran un Paese in mano alla mafia, puntando il dito sull’ayatollah Ali Khamenei accusandol­o di possedere un fondo speculativ­o segreto e personale da 95 miliardi di dollari, per altro non tassato e a cui attingono le Guardie islamiche rivoluzion­arie. «Il livello di corruzione e ricchezza tra i leader del regime di Teheran – ha aggiunto il capo della diplomazia Usa – dimostra che l’Iran è gestito da qualcosa che somiglia alla mafia più che a un governo». Solo il premier israeliano Benjamin Ne-

tanyahu plaude alle parole che definisce «determinat­e» usate da Trump e Pompeo, contro un regime – sottolinea – che «per anni è stato viziato dalle potenze. Fa piacere vedere che gli Stati Uniti cambiano ora quell’atteggiame­nto errato». Un riferiment­o neanche tanto velato all’amministra­zione Obama ma anche all’Europa, rei agli occhi del leader israeliano di aver dato credito a Teheran stipulando lo storico accordo sul programma nucleare iraniano nel luglio del 2015. Molti comunque negli Usa i commentato­ri che spiegano il durissimo affondo di Trump contro l’Iran come l’ennesimo tentativo di sviare l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica dai problemi che lo assillano in questi giorni: dalle polemiche sul vertice con Putin agli sviluppi del Russiagate, passando per la frustrazio­ne del presidente americano che in privato si lamentereb­be della mancanza di sviluppi concreti sul fronte della Corea del Nord.

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Paroloni
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KEYSTONE

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