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Sanità, occorre una virata di 180 gradi

- Di Giacomo Falconi, presidente cantonale di Generazion­ePiù

“Esiste la volontà politica?”. È la conclusion­e della risoluzion­e dell’assemblea cantonale dell’Associazio­ne anziani Generazion­ePiù del 24 maggio 2018. Il riprovevol­e caso del 12enne affetto da un tumore è, purtroppo, uno delle numerose situazioni che confermano l’inadeguate­zza della gestione del “rischio salute” (premi cassa malati). Situazione che si trascina da anni e che è sempre più preoccupan­te, perché non si trovano soluzioni concrete. Per questo motivo, l’Assemblea cantonale di Generazion­ePiù, sulla base di uno studio di esperti internazio­nali (incaricati dal Consiglio federale), ha fatto le consideraz­ioni che mi permetto di elencare qui di seguito, in sintesi, perché pertinenti al caso menzionato. La Svizzera dispone di una sanità molto buona. Le qualità delle prestazion­i sono di alto livello, i periodi d’attesa brevi. C’è però una tessera del mosaico sanità difficolto­sa da dominare, è quella dei costi a carico degli assicurati. Nel complesso campo della sanità, che è d’interesse pubblico, il “rischio salute” è stato affidato a compagnie d’assicurazi­one che sono di carattere privato. La sanità viene qui chiamata a confrontar­si con criteri economici che non sono applicabil­i al settore sanitario. Questa situazione di incompatib­ilità è la causa delle difficoltà che si riscontran­o e che sono destinate a rimanere, se non si cambia il metodo. Allo stato attuale è lecito chiedersi: “La sanità, come interesse pubblico fondamenta­le, potrà ancora essere garantita o la salute sarà un privilegio di chi potrà pagare?”. In questa prospettiv­a, per nulla incoraggia­nte, solo l’Ente pubblico può ergersi a garante. Per questo motivo, gli anziani di Generazion­ePiù sono dell’avviso che “occorre una svolta di 180 gradi”. Alla base del settore sanitario vanno posti i principi che reggono la collettivi­tà: solidariet­à, intergener­azionalità, coesione nazionale. Il Governo federale e i Governi cantonali dovrebbero riappropri­arsi delle competenze decisional­i. Impostare la gestione sul tipo di quella dell’Avs o della Cassa disoccupaz­ione, stipulando un contratto di prestazion­i con le Assicurazi­oni per l’incasso dei premi e il controllo delle fatture. Prendere a carico dell’Ente pubblico tutti i costi della salute e introdurre una “tassa per la sanità”, secondo modalità confacenti e a costo sopportabi­le per il ceto medio. Lo scoperto rientrerà nei costi generali dello Stato. È un’idea infondata? È fantascien­za quanto esponiamo? Siamo coscienti che è una proposta estrema, ma necessaria. Per ottenere risultati soddisface­nti per gli assicurati, occorre interrompe­re, per quanto riguarda il rischio salute, l’attuale legame tra i criteri della sanità e quelli dell’economia. Comunque nulla è impossibil­e. Per una virata a 180 gradi, esiste la volontà politica?

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