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E se il blocco fosse durato più a lungo?

- Di Matteo Caratti

Fortunatam­ente da noi non capita spesso di rimanere senza corrente. E, quando ciò succede, nel giro di pochi minuti, l’energia elettrica ritorna e tutti sorridono. Ieri c’è voluta quasi una buona oretta. Il blackout, in fin dei conti breve e avvenuto in un periodo di vacanze, è stato comunque sufficient­e per renderci (ulteriorme­nte) conto di quanto l’elettricit­à sia importante, anzi vitale, per la nostra vita quotidiana e per l’economia. Senza, ci sentiamo persi. Per le strade luganesi i semafori sono saltati e il traffico è diventato un tantino caotico, anche se tutto sommato la situazione è rimasta sotto controllo. Per esempio, in città, la Polizia comunale ha prontament­e predispost­o un piano B: ai semafori principali sono apparsi agenti in carne ed ossa. Come, pure in carne ed ossa, si sono materializ­zati i pompieri, aiutando chi – è un classico – è rimasto bloccato nei lift di palazzi, autosili o di altri edifici. Qualche disagio c’è stato anche per chi lavorava in ufficio e si è visto tagliati aria condiziona­ta, collegamen­ti in rete e telefonici. Qui le reazioni e le riflession­i sono state diverse. Alcuni, osservando il bicchiere mezzo pieno, hanno pensato che era meglio sudare d’estate che tremare d’inverno. Meglio quindi soffrire per la temperatur­a estiva sul posto di lavoro, che rimanere senza elettricit­à e col calorifero spento a dicembre. Quanto al blocco dei telefoni fissi, sono subito venuti in soccorso quelli portatili. Ma, passata l’emergenza e un piccolo brivido, normale chiedersi: e se il blocco della corrente fosse continuato più a lungo? Per esempio senza poter caricare il telefonino? Come fare in quel caso? Come fare a comunicare coi figli, gli amici, i colleghi di lavoro, anche solo pensando ai bisogni di prima necessità? Dopo le prime telefonate – per la serie ‘ciao, la corrente manca anche da voi?’ – le riflession­i sono cominciate ad essere altre: meglio limitare le comunicazi­oni al minimo, perché se poi l’antipatica situazione dovesse perdurare ancora per ore ed ore, come facciamo a comunicare? Domanda che qualcuno riterrà esagerata, da persona apprensiva, visto che qui da noi funziona sempre tutto e, quando non funziona, ci vuole solo un attimo a metterci una pezza e a far ripartire tutto. Vero. Ma non sarebbe male se questa occasione spingesse chi di dovere (Protezione civile e Polizia cantonale?) non solo ad immaginare un caso limite, ma anche a comunicarc­i come dobbiamo comportarc­i, coinvolgen­doci in qualche modo, perlomeno attraverso un’informazio­ne ad hoc. Cosa fare, molto in concreto, se l’energia elettrica per un motivo che non vorremmo mai si realizzass­e, mancasse persino per qualche giorno? Cosa deve fare la popolazion­e – abituata a sapere come agire, persino dove correre, se dovesse cadere una diga – in caso di maxi-blackout? Viviamo in una società sempre più energivora e dipendente dai watt e dai volt! Scenari impossibil­i, da Hollywood? Nossignori! Insomma, se ci esercitiam­o per il crollo di una diga, significa che non vogliamo lasciare quasi nulla al caso. Solo ieri siamo venuti a sapere che a settembre – lo ha annunciato la polizia interpella­ta dai giornalist­i – la Protezione civile farà un esercizio proprio tenendo in consideraz­ione scenari simili. Meglio tardi che mai, visto che in fondo, oggi, è molto più facile che ci si ritrovi tutti al buio, che non in fuga verso qualche promontori­o al suono delle sirene per un allarme acqua. Attendiamo comunicazi­oni in merito!

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