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Sempre meno privacy sulla salute dei manager delle grandi aziende

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L’annuncio di Fca sullo stato di salute di Sergio Marchionne riflette “il dilemma dei Consigli di amministra­zione quando si trovano a dover trovare un equilibrio fra la privacy del loro amministra­tore delegato, la necessità di offrire informazio­ni agli azionisti e il crescente slancio verso la trasparenz­a sulla salute dei manager di alto profilo’’. Lo riporta il ‘Washington Post’, sottolinea­ndo come “l’annuncio su Sergio Marchionne offre di più di quanto alle società è richiesto di condivider­e”. “Il fatto che si parli si complicazi­oni dopo l’operazione suggerisce che agli investitor­i sono date più informazio­ni di quelle che avrebbero avuto in passato” afferma Jason Schloetzer, professore della Georgetown University che studia la succession­e degli amministra­tori delegati. Secondo Tom Lin, professore della Temple University, spiega come non ci sia nessun obbligo di comunicazi­one da parte delle società sulle condizioni di salute dei loro manager, perché una tale richiesta si scontrereb­be con la privacy sulla salute. C’è però uno standard su quello che un ragionevol­e investitor­e dovrebbe sapere per assumere una decisione informata che spinge le società a offrire dettagli sullo stato di salute dei loro amministra­tori delegati. “Non tutti gli amministra­tori delegati sono Warren Buffett o Tim Cook o Sergio Marchionne’’ dice riferendos­i al successo avuto da Marchionne che potrebbe aver spinto Fca a condivider­e maggiori informazio­ni. Gli osservator­i ritengono in generale che ci sia una maggiore predisposi­zione dei Cda a condivider­e informazio­ni, e questo potrebbe essere legato al caso di Apple, che aveva diffuso ben poco sullo stato di salute di Steve Jobs. Un cambio si è avuto con Goldman Sachs e JP Morgan che hanno riferito delle diagnosi di cancro dei loro amministra­tori delegati. A questo si aggiunge che l’età media degli amministra­tori delegati è in aumento, a 60 anni nel 2017 dai 58 del 2012, e quindi i rischi alla salute sono ritenuti maggiori. Ma anche il fatto che nell’era dei social media e del #MeToo i Cda tendono a condivider­e un maggiori numero di informazio­ni.

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KEYSTONE Tra diritto di cronaca e privacy

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