Il crollo del gigante
Dichiarato il fallimento del Casinò di Campione d’Italia, il più grande d’Europa, a cui sono stati posti i sigilli per consentire l’inventario dei beni. Bilanci depositati entro lunedì. Rabbia e tristezza per la popolazione, che ha organizzato una fiaccolata ieri sera per le vie del comune. I dipendenti hanno invece presidiato il municipio.
Che il Casinò di Campione d’Italia fosse dai piedi d’argilla lo si è capito quando la procura di Como, per insolvenza, ha chiesto il fallimento della società di gestione della casa da gioco dell’enclave. Istanza avanzata al Tribunale fallimentare lariano su richiesta del sindaco Roberto Salmoiraghi, che quando era all’opposizione denunciò il mancato trasferimenti di risorse al Comune. Come il gigante sognato da Re Nabucodonosor, il Casinò è crollato per essere stato colpito ai piedi da un ‘sassolino’ lanciato da Angelo Pagano, commissario straordinario di liquidazione del Comune che ha giudicato inefficace l’accordo di ristrutturazione dei debiti della casa da gioco. Questo ha spianato la strada alla decisione presa l’altroieri dal Tribunale fallimentare di Como, che ha accolto l’istanza del pm Pasquale Addesso – controfirmata dal procuratore Nicola Piacente –, dichiarando “il fallimento della società Casinò di Campione d’Italia spa, in persona del legale rappresentante (Salmoiraghi, ndr)”.
Non è noto fino a quando durerà la chiusura. L’udienza è fissata a gennaio 2019.
Assistiti da un cancelliere del Tribunale civile, i curatori fallimentari si sono presentati ieri nell’enclave e hanno posto i sigilli al Casinò. La casa da gioco è chiusa per consentire l’inventario dei beni mobili di pertinenza del fallimento. Non è dato sapere sino a quando durerà la chiusura, la cui gestione per ora passa ai curatori. Non si esclude che il Casinò possa essere commissariato. La situazione è complicatissima, anche perché non ci sono precedenti. È infatti la prima volta che in Italia viene dichiarato il fallimento di un casinò. I giudici, nella loro ordinanza, intimano alla società il deposito entro lunedì dei bilanci e delle scritture contabili della società. I creditori hanno invece trenta giorni per avanzare i loro diritti. Considerata la
complessità della procedura i giudici hanno fissato l’udienza il 28 gennaio 2019. Tra le motivazioni che hanno indotto il Tribunale fallimentare a dichiarare il dissesto, il fatto che il piano di ristrutturazione dei debiti della casa da gioco non dia nessuna garanzia. Per cui la Corte non ha ritenuto di accogliere la richiesta di rinviare a settembre ogni
decisione, in attesa di un nuovo piano che avrebbe dovuto far leva su consistenti contributi a fondo perso da parte dello Stato italiano, come va ripetendo da tempo Salmoiraghi. Con le proprie forze, e nonostante i grossi sacrifici dei dipendenti, il Casinò non è in grado di stare in piedi. E neppure dispone di mezzi per poter rientrare dai debiti (cfr. infografia). Nel pomeriggio di ieri il dimissionario amministratore unico Marco Ambrosini ha convocato l’assemblea dei lavoratori – attualmente 492 – per informarli di quanto già sapevano. La reazione è stato quella di organizzare un presidio davanti al municipio. Lo stato d’animo dei campionesi è facile da comprendere. Soprattutto quello dei 102 dipendenti comunali che dalla seconda quindicina di febbraio non ricevono lo stipendio, così come non hanno visto la 13esima del 2017. E prima del dissesto, pure il Casinò ha smesso di pagare lo stipendio ai dipendenti. Sempre più diffuso in riva al Ceresio il sentimento di paura, essendo in discussione 600 posti di lavoro totali.