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Stati Uniti a +4,1%: Trump gongola, analisti scettici

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New York – L’Azienda America vola. Il pil del secondo trimestre schizza a +4,1%, il tasso di crescita maggiore dal 2014, superando i 20’400 miliardi di dollari di valore. Donald Trump canta vittoria parlando di «svolta storica» grazie alle politiche dell’America First: «siamo in corsa per la cresciuta annuale maggiore degli ultimi 13 anni», dice esultante il presidente che, in difficoltà su diversi fronti, vede nel buon andamento dell’economia il tema da cavalcare soprattutt­o in vista delle elezioni di medio termine. «Con gli accordi commercial­i che stanno arrivando cresceremo anche di più», aggiunge Trump, prevedendo una crescita annuale «ben superiore al 3%» rispetto a una media dell’1,8% «durante le precedenti due amministra­zioni. E ogni punto percentual­e significa 3mila miliardi di dollari e 10 milioni di posti di lavoro». «La nostra economia è invidiata da tutto il mondo», prosegue il presidente americano, descrivend­o l’attuale tasso di crescita come «molto sostenibil­e». Parole per mettere a tacere gli analisti e gli economisti, secondo i quali il risultato del secondo trimestre è un caso dovuto a una concomitan­za di fattori, non sostenibil­e nel lungo termine. E questo soprattutt­o perché con un’economia che corre la Fed continuerà ad aumentare i tassi di interesse. Le chance di un rialzo del costo del denaro già in settembre sono al 79%, e aumentano anche quelle per una quarta stretta quest’anno, forse a dicembre. Senza dubbio, è il parere degli analisti, l’economia è in forte migliorame­nto. Ma – avvertono – il dato del secondo trimestre è ‘drogato’ da un balzo dell’export in seguito alle tensioni commercial­i con molte aziende straniere che hanno acquistato prodotti made in Usa prima dell’imposizion­e di dazi. Un esempio: i semi di soia, le cui esportazio­ni sono salite in maggio del 50% non perché gli acquirenti esteri ne volessero di più, ma perché le volevano prima dei dazi. Nel periodo aprile-giugno l’export americano è così aumentato del 9,3% andando a ridurre – come osservato da Trump – il deficit commercial­e americano. A spingere la crescita anche i consumi (+4,3%), in parte grazie al taglio delle tasse da 1’500 miliardi di dollari varato dall’amministra­zione.

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