Hamilton vince, Vettel insegue
Domenica senza sussulti in Ungheria, dove trionfa la Mercedes del leader del Mondiale, mentre le Ferrari gli stanno dietro.
È un Hamilton quanto mai solido, quello che ha vinto in Ungheria. Con le due Ferrari costrette a inseguire con chiaro ritardo: prima quella di Vettel poi quella di Raikkonen, anche se la prestazione offerta dal finlandese nell’intero ciclo di gara gli sarebbe valsa chiaramente il secondo posto. Siamo chiari, sin da subito: quella dell’Hungaroring non era pista per le Rosse, che la gara avrebbero dovuto vincerla sette giorni fa in Germania, senza l’errore di Vettel. Questa è una pista sinuosa, con gas aperto per meno della metà del tempo sul giro, e dunque più adatta alle Mercedes-Benz, agili e non veloci come la Rossa. Ne si è avuta una chiara indicazione guardando al duro inseguimento a Bottas, rimasto a lungo secondo, nella pratica difficile da recuperare nonostante una monoposto di poco superiore nella prestazione: pure aprendo il Drs le Rosse faticavano, quindi in buona sostanza quando Vettel afferma che si tratta di un buon risultato ha ragione. È il meglio che potesse fare nel soporifero circuito magiaro, presente in F1 dal 1986 (a quale titolo di divertimento resta ancora da capire). Certo che, però, Hamilton è molto cresciuto. Lui è assai stabile psicologicamente, e la macchina lo segue e continua a progredire, e onesto nell’affermare che la Ferrari è lì. Per onestà di cronaca, la Rossa (ad esempio) ha però sbagliato due pitstop, contro la perfezione delle Frecce d’Argento. Lo ripetiamo e lo ribadiremo sino alla noia: a questi livelli sono i dettagli a fare la differenza e Maranello a livello di dettagli non è ancora all’altezza della squadra di Wolff. Manca molto poco, è vero, e questo alla casa anglo-tedesca lo sanno assai bene, ma intanto in questo Mondiale usano tutte le carte a loro disposizione con sagacia. Come la decisione di mettere Bottas a fare da tappo, in modo
Il britannico vince ancora e allunga in vetta
lecito, ai due ferraristi in rimonta. Proprio Bottas ieri è stato protagonista degli unici due momenti di emozione: un contatto nel finale con Vettel (che l’aveva passato, e dopo un ritardo nella frenata gli è entrato nella gomma posteriore) e di lì a poco pure con Ricciardo (pur di tenere botta in inserzione di curva, ha ritardato la frenata al punto da andare dritto colpendo la pancia laterale della Red Bull, sulla fiancata destra). È quindi stato penalizzato di dieci secondi e due punti in meno in classifica, ma dato il distacco dal sorprendente Gasly su Toro Rosso, il suo quinto posto non è stato messo in discussione. Ricciardo, invece, si è reso autore
di una gara strepitosa, perennemente alla rincorsa dei primi posti con una monoposto invero meno performante rispetto alle attese, e con Verstappen ritirato sin dalle prime battute per una rottura del propulsore Renault a livello di unità elettrica. L’olandese è stato durissimo con la ‘Régie’, accusandola di fornire al team motori poco affidabili e poco potenti sul piano delle prestazioni. Parole in parte smentite nei fatti dal collega Ricciardo, ma pure vere sul piano affidabilità. Noi però continuiamo a pensare che sia difficile la gestione politica della situazione in una squadra che l’anno prossimo utilizzerà motori Honda e, dunque, non deve ricevere troppe informazioni riservate. Molto male pure la Sauber, che ci auguriamo caldamente non abbia imboccato la via di una specie di blocco mentale dopo le belle prestazioni sino a due gare fa. Mentre ieri Gasly con la Toro Rosso ha segnato punti pesanti per il Costruttori, allungando in ottava posizione. C’è tempo, ovviamente, ma resta da capire cosa sia successo pensando al ritiro di Leclerc, alla prestazione in ombra nelle qualifiche e a un Ericsson inesistente in corsa. Gara difficile anche per Perez, confrontato tutto il weekend con domande circa la sua decisione di aprire una causa alla Force India per stipendi non incassati ancora nel 2017. Il messicano ha detto con franchezza che un creditore del team stia portando l’azienda (che dà lavoro a 400 persone) al fallimento, e grazie ad un escamotage previsto dalla legge inglese, lui – in qualità di dipendente – ha potuto porre la Force India in amministrazione controllata, permettendole il proseguimento del Mondiale in attesa che papà Stroll, in fuga com’è dalla Williams, ci metta le mani sopra. Intanto, ora si va tutti in vacanza. Sino a Spa, nell’ultimo weekend d’agosto. Tempo per ricaricare le batterie, ma pure per meditare su errori e opportunità. A Maranello più che altrove.