laRegione

Neologismi e déjà-vu

- Di Matteo Caratti

C’è una parola coniata di recente che va di moda nel politiches­e. Più che una parola è un concetto, un modo di pensare il proprio essere nella comunità: la parola è sovranista. Chissà se qualcuno prenderà al balzo la palla del Primo di agosto per lanciarla anche da noi. Di per sé la sovranità non è una brutta cosa. Anzi, è meraviglio­sa, se ad essere sovrano è il popolo e non chi sta sopra e comanda, tenendo magari i cittadini nell’ignoranza e pensando che, in fondo, l’importante è che obbediscan­o (‘panem et circenses’, lo dicevano già i romani). La democrazia diretta elvetica è sicurament­e un bell’esempio di sovranità e sana dialettica. Nella società digitale, però, il popolo può essere influenzat­o più facilmente anche con una serie di notizie sputate dalla rete e confeziona­te ad hoc, a seconda di quanto l’algoritmo e i suoi padroni hanno stabilito. Così uno nemmeno si accorge di essere nel mirino di un nuovo sistema di addomestic­amento dell’opinione pubblica e quindi anche dell’elettorato. Il caso Cambridge Analytica, con l’uso di dati sensibili per influenzar­e il pensiero degli elettori Usa a favore del candidato repubblica­no, è un esempio da manuale. Ma torniamo al mondo dei sovranisti e al neologismo in voga. La parola indica chi desidera essere ‘solo padrone in casa propria’ (lo slogan da anni usato dalle varie leghe) e significa anche che prima viene il proprio Paese. È questo, per esempio, anche il concetto base dell’America first di Trump, che nel nostro microcosmo si è concretizz­ato, quasi ante litteram, in ‘prima ai nostri’. Che dire? Discutiamo­ne, l’arena politica è fatta per questo. Come in ogni frangente, è però sempre questione di proporzion­i. Trump, ad esempio, dopo averle sparate grosse coi dazi sta ora tornando sui suoi passi. Questo perché – che scoperta! – il mondo è particolar­mente interconne­sso e si regge sugli scambi fra Stati: se tu riservi privilegi per i tuoi accoliti, anche il tuo vicino farà altrettant­o e ci si troverà presto al punto di partenza. Il lato oscuro (e rischioso!) del ‘sovranismo’ è quello spinto, che si tira dietro una feccia che nel ragionamen­to avanza a oltranza, marciando su terreni minati. Terreni che ci fanno tornare indietro di secoli, mettendo in discussion­e i principi di eguaglianz­a dei cittadini di fronte a legge e Stato, il divieto di discrimina­zione legato a censo, colore della pelle, fede religiosa. Alle tesi dei sovranisti plaudono anche i suprematis­ti (altro neologismo): ovvero coloro – e non mancano anche qui – che tornano a sostenere che i bianchi dovrebbero vivere coi bianchi, i neri coi neri, i musulmani coi musulmani e via di questo passo (d’oca). A dire che non può né deve essere così, non vi sono solo i valori e i principi su cui si fondano le moderne democrazie, ma anche la realtà dei fatti in continuo, anzi perenne, rimescolam­ento e motore medesimo dell’avventura umana. Così è, ci piaccia o meno. Compito di una società matura è quello di accogliere (entro limiti gestibili) e di trasmetter­e ai nuovi arrivati i principi e valori della civile convivenza, pretendend­o che vengano rispettati. Hanno valore alto, sono frutto di battaglie e li abbiamo ricevuti come un’eredità da consegnare a chi dopo di noi verrà. Guai a far tornare indietro le lancette dell’orologio, masticando una parola che sembra bella, ma che nella storia ce ne ha già fatte vedere di tutti i colori. Il sovranismo, non a caso, rima con nazionalis­mo. E altri ismi. In bucaletter­e ci è giunta ieri una cartolina da Berlino, dal Muro. «Chi vuole che il mondo rimanga come è, non vuole che il mondo rimanga». In altre parole: la vita non è fissità, è flusso. Nuotiamoci degnamente per il tempo che ci è dato. Buon Natale della Patria a tutti!

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland