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‘Avrei preferito restare ancora qualche anno’

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Questa sarà l’ultima edizione del Locarno Festival sotto la guida di Chatrian che, come noto, è stato chiamato alla Berlinale. Si conclude un’avventura che credevamo iniziata nel 2006 come membro del comitato di selezione. «In realtà – ci corregge il direttore – il mio primo anno, come giovane critico, credo sia stato il ’94 o il ’95; nel 2003 ho iniziato a lavorare come moderatore… poi il comitato di selezione, le retrospett­ive, la direzione: è un pezzo di vita, profession­ale e non solo. C’è molto Locarno in me». Ma, quando chiediamo che cosa, di preciso, hanno lasciato questi anni locarnesi, Chatrian si chiude: non è ancora il momento. «Il passato preferisco usarlo dal 12 agosto: il festival deve ancora iniziare e non voglio assumere una prospettiv­a nostalgica. Adesso nel mio futuro c’è il festival di Locarno». E, capovolgen­do la domanda, che cosa Carlo Chatrian lascia in eredità al Locarno Festival? «Su questo abbiamo una leggera discrepanz­a, io e il presidente (Marco Solari, ndr): lui dice sempre che i festival sono dei direttori, mentre io dico che i festival esistono a prescinder­e dai direttori». Perché, guardando «da una certa distanza il festival, e sono più di vent’anni che frequento Locarno, io noto più elementi di continuità che di discontinu­ità». Ripensando ai direttori di questi ultimi anni, troviamo «personalit­à molto diverse, e ci sono stati momenti di forte discontinu­ità, anche nella programmaz­ione, ma se guardiamo al fondo, Locarno è sempre rimasto il luogo in cui nuove voci si sono raccontate e scoperte, è sempre stato il luogo in cui grandi film del passato sono stati proiettati secondo criteri molto accurati, è sempre stato un luogo in cui pubblici diversi si sono incontrati e confrontat­i». Che cosa lascia? «Direi un festival in ottima salute: lo dico come battuta, ma se la Berlinale ha chiamato me, non è perché parlo il tedesco – anche perché non lo parlo – ma perché hanno notato il lavoro fatto qui a Locarno… più seriamente, la macchina-festival è molto cresciuta, e anzi adesso si tratta forse di assimilare gli ultimi strappi; come programma mi sembra che abbiamo una struttura adeguata al pubblico… fermo restando che sono convinto si possa, e si debba, sempre migliorare, ma questo è il compito di chi verrà dopo di me». E così, «anche se a me avrebbe fatto piacere restare ancora due o tre anni, il festival non è in un momento di crisi e quindi ho deciso, parlandone anche col presidente, di accettare la sfida di Berlino…». La rivedremo a Locarno? «Spero di sì, spero che gli impegni me lo permettera­nno… perché i festival non sono concorrent­i, lavoriamo tutti per lo stesso obiettivo: aiutare dei film a essere visti».

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